Attaccamento prenatale nelle gravidanze ad alto rischio e strategie di supporto psicologico

Gravidanze ad Alto Rischio e Sfide per l’Attaccamento Prenatale

Le gravidanze ad alto rischio rappresentano una sfida significativa non solo dal punto di vista medico, ma anche psicologico. Una gravidanza è considerata ad alto rischio quando esistono condizioni materne, fetali o ostetriche che aumentano la probabilità di complicazioni durante la gestazione o al momento del parto (American College of Obstetricians and Gynecologists, 2020). Per molte donne, questa diagnosi scatena un turbinio di emozioni, tra cui ansia, paura e incertezza, che possono interferire con il naturale sviluppo dell’attaccamento prenatale, il legame emotivo che si forma tra la madre e il feto durante la gravidanza (Condon, 1993).

Le future madri che affrontano una gravidanza ad alto rischio spesso si trovano in bilico tra la speranza di portare a termine la gravidanza con successo e la paura costante di una possibile perdita. Questa dicotomia emotiva può ostacolare l’attaccamento prenatale, poiché alcune madri, per proteggersi dal dolore di un possibile esito negativo, evitano inconsciamente di investire emotivamente nel feto (Lobel et al., 2008). Tuttavia, la ricerca ha dimostrato che l’attaccamento prenatale è un essenziale per il benessere sia della madre che del bambino, influenzando lo sviluppo neuropsicologico del feto e la qualità della relazione postnatale (Brandon et al., 2009). In questo articolo, analizzeremo come le gravidanze ad alto rischio influenzino l’attaccamento prenatale e quali interventi psicologici possano favorire un legame sicuro, offrendo una panoramica basata sull’evidenza delle migliori pratiche di supporto psicologico.

Le Sfide Emotive delle Gravidanze ad Alto Rischio: Tra Paura e Speranza

Le gravidanze ad alto rischio portano con sé una serie di sfide emotive che possono compromettere lo sviluppo di un attaccamento prenatale sicuro. Le donne che affrontano complicazioni come preeclampsia, diabete gestazionale, minaccia di parto prematuro o anomalie fetali sperimentano livelli di ansia significativamente più alti rispetto alle gravidanze normali (Grote et al., 2010). Questa ansia è alimentata dalla costante incertezza sul futuro, dalle frequenti visite mediche e dalle possibili decisioni difficili che devono essere prese durante la gravidanza.

Uno degli aspetti più difficili per le madri in questa situazione è la paura della perdita. Secondo un’indagine di Armstrong (2002), le donne con gravidanze ad alto rischio spesso sviluppano una “paura anticipatoria della perdita”, che le porta a distanziarsi emotivamente dal feto per proteggersi dal dolore di un eventuale lutto. Questo distacco emotivo, sebbene comprensibile, può limitare le interazioni positive con il pancione, come parlare al feto, immaginare il futuro insieme o prepararsi alla nascita, comportamenti fondamentali per lo sviluppo di un attaccamento prenatale sano (Condon & Corkindale, 1997).

Inoltre, le gravidanze ad alto rischio sono spesso accompagnate da una maggiore medicalizzazione, con ricoveri frequenti, monitoraggi continui e possibili interventi invasivi. Questo contesto può far sentire la madre impotente e alienata dal proprio corpo, riducendo la percezione di sé come futura madre e influenzando negativamente l’attaccamento prenatale (Rubertsson et al., 2014). Tuttavia, è importante sottolineare che, nonostante queste difficoltà, molte madri riescono comunque a sviluppare un forte legame con il loro bambino, grazie al supporto adeguato e alle proprie risorse interne di resilienza (Fonagy et al., 2002).

Attaccamento Prenatale e Rischio Percepito: L’Influenza della Paura sul Legame Madre-Feto

Il rischio percepito, ovvero la percezione soggettiva del pericolo associato alla gravidanza, gioca un ruolo cruciale nello sviluppo dell’attaccamento prenatale. Le donne che percepiscono un alto rischio per la propria salute o per quella del feto tendono a mostrare livelli inferiori di attaccamento prenatale, indipendentemente dal rischio medico effettivo (Yarcheski et al., 2009). Questa discrepanza tra rischio percepito e rischio reale evidenzia l’importanza di un supporto psicologico mirato, che aiuti le madri a gestire le proprie paure e a sviluppare una connessione emotiva con il feto.

La paura costante di un esito negativo può portare a comportamenti di evitamento emotivo, come evitare di parlare della gravidanza, ritardare la preparazione del nido o evitare interazioni affettuose con il pancione (Lobel et al., 2008). Questo evitamento, se prolungato, può interferire con il processo di attaccamento prenatale, aumentando il rischio di depressione postnatale e difficoltà di attaccamento postnatale (Glover, 2014).

Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato che l’attaccamento prenatale può fungere da fattore protettivo contro gli effetti negativi delle gravidanze ad alto rischio. Secondo un’analisi di Cranley (1981), le donne che sviluppano un forte attaccamento prenatale nonostante le complicazioni mediche tendono a mostrare una maggiore resilienza emotiva e una migliore capacità di affrontare lo stress, beneficiando sia loro stesse che il bambino. Questo suggerisce che promuovere l’attaccamento prenatale nelle gravidanze ad alto rischio non solo migliora il benessere materno, ma può anche influenzare positivamente lo sviluppo fetale e la relazione postnatale.

Interventi Psicologici per Favorire l’Attaccamento Prenatale nelle Gravidanze ad Alto Rischio

Promuovere l’attaccamento prenatale nelle gravidanze ad alto rischio richiede interventi psicologici mirati, che tengano conto delle specifiche esigenze emotive e pratiche di queste madri. Uno degli interventi più efficaci è la terapia cognitivo-comportamentale (CBT), che aiuta le madri a identificare e modificare i pensieri negativi legati alla gravidanza e a sviluppare strategie di coping positive (Misri et al., 2013). La CBT può anche favorire comportamenti di attaccamento prenatale, come parlare al feto, immaginare la vita con il bambino e prepararsi emotivamente alla nascita.

Un altro approccio promettente è l’uso di tecniche di mindfulness, come il Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), che ha dimostrato di ridurre l’ansia e migliorare l’attaccamento prenatale nelle gravidanze ad alto rischio (Duncan & Bardacke, 2010). La mindfulness aiuta le madri a connettersi con il proprio corpo e con il feto, favorendo momenti di interazione affettuosa e riducendo i livelli di stress.

Il supporto emotivo da parte del partner e della rete sociale è un altro fattore cruciale. Gli studi hanno dimostrato che le donne che ricevono un forte supporto emotivo durante la gravidanza, in particolare in situazioni ad alto rischio, mostrano livelli più alti di attaccamento prenatale e un minore rischio di depressione postnatale (Collins et al., 1993). Gruppi di supporto per donne con gravidanze ad alto rischio, dove le madri possono condividere le proprie esperienze e ricevere supporto reciproco, hanno dimostrato di migliorare significativamente il benessere psicologico e l’attaccamento prenatale (Glazier et al., 2004).

Le gravidanze ad alto rischio rappresentano una sfida complessa per l’attaccamento prenatale, ma con il giusto supporto psicologico, le madri possono sviluppare un legame sicuro con il loro bambino nonostante le difficoltà. Interventi come la terapia cognitivo-comportamentale, la mindfulness e il supporto sociale sono strumenti efficaci per ridurre l’ansia, promuovere comportamenti di attaccamento e migliorare il benessere materno. Comprendere l’impatto delle gravidanze ad alto rischio sull’attaccamento prenatale e implementare interventi mirati è fondamentale per garantire il benessere psicologico delle madri e lo sviluppo sano dei bambini.

Articolo a cura del: 
Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica

Fonti bibliografiche:

  • American College of Obstetricians and Gynecologists. (2020). Obstetric care consensus: Levels of maternal care. ACOG.
  • Armstrong, D. S. (2002). Emotional distress and prenatal attachment in pregnancy after perinatal loss. Journal of Nursing Scholarship, 34(4), 339-345.
  • Brandon, A. R., Pitts, S., Denton, W. H., Stringer, C. A., & Evans, H. M. (2009). A history of the theory of prenatal attachment. Journal of Prenatal & Perinatal Psychology & Health, 23(4), 201-222.
  • Condon, J. T. (1993). The assessment of antenatal emotional attachment: Development of a questionnaire instrument. British Journal of Medical Psychology, 70(4), 359-372.
  • Collins, N. L., Dunkel-Schetter, C., Lobel, M., & Scrimshaw, S. C. (1993). Social support in pregnancy: psychosocial correlates of birth outcomes and postpartum depression. Journal of Personality and Social Psychology, 65(6), 1243-1258.
  • Cranley, M. S. (1981). Development of a tool for the measurement of maternal attachment during pregnancy. Nursing Research, 30(5), 281-284.
  • Duncan, L. G., & Bardacke, N. (2010). Mindfulness-based childbirth and parenting education: Promoting maternal mental health and attachment. Archives of Women’s Mental Health, 13(4), 373-384.
  • Fonagy, P., Gergely, G., Jurist, E. L., & Target, M. (2002). Affect regulation, mentalization, and the development of the self. Other Press.
  • Glazier, R. H., Elgar, F. J., Goel, V., & Holzapfel, S. (2004). Stress, social support, and emotional distress in a community sample of pregnant women. Journal of Psychosomatic Obstetrics & Gynecology, 25(3-4), 247-255.
  • Glover, V. (2014). Maternal depression, anxiety and stress during pregnancy and child outcome; What needs to be done. Best Practice & Research Clinical Obstetrics & Gynaecology, 28(1), 25-35.
  • Lobel, M., DeVincent, C. J., Kaminer, A., & Meyer, B. A. (2008). The impact of prenatal maternal stress and optimistic disposition on birth outcomes in medically high-risk women. Health Psychology, 19(6), 544-553.
  • Misri, S., Swift, E., Abizadeh, J., Shankar, R., & Moses-Kolko, E. (2013). A pilot study of the impact of cognitive behavioral therapy on antenatal depression. Depression and Anxiety, 30(3), 240-249.
  • Rubertsson, C., Waldenström, U., Wickberg, B., Rådestad, I., & Hildingsson, I. (2014). Depressive mood in early pregnancy and postpartum: Prevalence and women at risk in a national Swedish sample. Journal of Reproductive and Infant Psychology, 32(2), 124-136.
  • Yarcheski, A., Mahon, N. E., Yarcheski, T. J., Hanks, M. M., & Cannella, B. L. (2009). A meta‐analytic study of predictors of maternal‐fetal attachment. International Journal of Nursing Studies, 46(5), 708-715.

Richiesta consulenza

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.
Nome e Cognome
Come ci ha conosciuto?
Indicare come preferisce svolgere la consulenza:
Indicare il tipo di problema per il quale si chiede aiuto:
Scopo della consulenza:
Si è già rivolto a un altro professionista per questa problematica?
L’altro genitore è stato informato della richiesta di consulenza?
Consapevolezza del consenso informato obbligatorio:
Sono consapevole che qualsiasi tipo di intervento che coinvolga il minore richiede, per legge, il consenso informato di entrambi i genitori. In caso di affido super-esclusivo o decesso dell'altro genitore, sarà necessario fornire documentazione adeguata.
Privacy policy
Preso atto dell’Informativa privacy dello Studio di Psicoterapia e Psicologia Pediatrica - Dott. Samuele Russo, (consultabile a questo link: https://www.psicologiapediatrica.it/privacy) acconsento espressamente al trattamento dei miei dati personali con le modalità indicate, inclusa la possibilità di ricevere comunicazioni informative.