
Nel lavoro quotidiano con bambini e adolescenti, capita spesso di sentire genitori lamentarsi del fatto che i figli sembrano “chiedere sempre qualcosa”, “volere solo regali”, “non accontentarsi mai”.
Dietro a queste richieste materiali, dietro ai capricci che sembrano infiniti, si nasconde spesso un bisogno molto più profondo: il bisogno di amore, di presenza emotiva, di riconoscimento autentico.
Quando questo bisogno non viene soddisfatto, quando l’affetto genitoriale è carente o percepito come incostante, il bambino o l’adolescente può iniziare a cercare surrogati materiali per colmare quel vuoto.
Ma cosa significa davvero quando un bambino “fa i capricci”? E come possiamo leggere e accogliere, senza giudicare, la domanda affettiva che si cela dietro la richiesta apparente di “cose”?
Il capriccio come linguaggio del bisogno emotivo
Il capriccio non è soltanto un comportamento fastidioso da correggere. È una forma di comunicazione primitiva, un modo che il bambino ha di dire: “Mi manca qualcosa”, “Non mi sento visto”, “Non mi sento amato”.
Nei primi anni di vita, la regolazione emotiva è totalmente dipendente dalla relazione con le figure di accudimento. Quando il bambino piange, protesta, si arrabbia perché non ottiene quello che desidera, spesso sta esprimendo una difficoltà ben più profonda nell’elaborare sentimenti di frustrazione, mancanza o insicurezza (Winnicott, 1971).
Se il genitore si limita a leggere il capriccio come una sfida all’autorità o come una richiesta “viziata”, rischia di rispondere al sintomo senza coglierne il significato più autentico. Il vero bisogno, quello di essere visto, ascoltato e riconosciuto, resta così insoddisfatto, alimentando un circolo vizioso in cui il bambino chiede sempre di più, nel tentativo disperato di colmare quel vuoto emotivo.
Quando l’affetto viene rimpiazzato dal materialismo
In molte famiglie contemporanee, per una serie di motivi culturali, economici e relazionali, il tempo e la presenza emotiva sono diventati beni sempre più scarsi. Il lavoro, la frenesia quotidiana, le difficoltà di coppia possono portare i genitori a essere meno disponibili sul piano affettivo, pur essendo fisicamente presenti.
In questi contesti, il bisogno di amore dei figli viene talvolta “compensato” con beni materiali: regali, giochi, oggetti, concessioni immediate. Il messaggio implicito diventa allora: “Non posso darti il mio tempo o la mia presenza emotiva, ma posso darti qualcosa che occupi il tuo vuoto”.
Secondo le ricerche sull’attaccamento e la regolazione emotiva (Siegel, 2012; Fonagy et al., 2002), questa modalità di risposta, se reiterata nel tempo, non solo non colma il bisogno originario, ma contribuisce a costruire una rappresentazione interna dell’amore come qualcosa di esterno, impersonale, legato agli oggetti più che alle relazioni.
Il bambino o l’adolescente, crescendo, potrà sviluppare una maggiore difficoltà a riconoscere e a regolare i propri bisogni emotivi autentici, affidandosi invece a surrogati esterni per placare stati di vuoto, ansia o insicurezza.
Questa dinamica può diventare terreno fertile per disturbi del comportamento, dipendenze affettive, discontrollo degli impulsi.
Il “vantaggio secondario” nei capricci e nei bisogni materiali
Non sempre le dinamiche di richiesta compulsiva di oggetti nascono soltanto da una mancanza. Talvolta, esse assolvono anche a una funzione relazionale più complessa: mantengono in piedi un equilibrio familiare fragile.
Il “vantaggio secondario”, concetto ampiamente descritto nella psicologia sistemica (Minuchin, 1974), si verifica quando un sintomo, pur causando sofferenza, ha la funzione inconscia di evitare problemi relazionali ancora più gravi.
Un figlio che chiede continuamente cose materiali può, senza volerlo, mantenere i genitori in una posizione di alleanza “funzionale”: i genitori si sentono utili, rispondendo alle richieste materiali, e possono evitare di confrontarsi con difficoltà più profonde nella loro relazione o nella relazione emotiva con il figlio stesso.
In questo senso, il capriccio o la richiesta materiale costante diventa una sorta di “copertura” per dinamiche emotive non elaborate, impedendo alla famiglia di affrontare la vera questione sottostante: la difficoltà a stabilire legami emotivamente significativi.
Come rispondere al bisogno autentico dietro la richiesta materiale
La sfida, per i genitori, non è tanto quella di “negare” l’oggetto richiesto o di “accontentare” ogni desiderio materiale, ma di saper leggere il bisogno affettivo sottostante.
Quando un figlio chiede qualcosa in modo insistente o esplode in un capriccio, il genitore può fermarsi un momento a chiedersi: “Di cosa ha veramente bisogno mio figlio, oltre a questo oggetto?”
Spesso, la risposta sarà: ha bisogno di attenzione piena, di ascolto, di tempo condiviso, di una presenza emotivamente disponibile. Rispondere a questi bisogni, anche attraverso gesti semplici come uno sguardo partecipe, un gioco condiviso, una parola di riconoscimento autentico, può spezzare il circolo vizioso della richiesta compulsiva.
Come sottolinea Daniel J. Siegel (2012), il vero nutrimento emotivo di un bambino si costruisce nella qualità della connessione, non nella quantità degli oggetti o delle concessioni materiali.
Dietro a ogni capriccio, dietro a ogni richiesta apparentemente eccessiva, si nasconde una domanda di amore e di riconoscimento. Quando i genitori riescono a vedere oltre il comportamento esteriore, quando riescono a cogliere il bisogno affettivo che pulsa sotto la superficie, possono trasformare anche i momenti di conflitto in occasioni di crescita e di connessione.
Restituire ai figli una presenza autentica, non mediata da oggetti o da premi, significa aiutarli a costruire dentro di sé una base sicura, capace di sostenerli lungo tutta la vita.
Articolo a cura del:
Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica
Fonti bibliografiche:
- Fonagy, P., Gergely, G., Jurist, E. L., & Target, M. (2002). Affect Regulation, Mentalization, and the Development of the Self. Other Press.
- Minuchin, S. (1974). Families and Family Therapy. Harvard University Press.
- Siegel, D. J. (2012). The Developing Mind: How Relationships and the Brain Interact to Shape Who We Are. Guilford Press.
- Winnicott, D. W. (1971). Gioco e realtà. Armando Editore.