Disturbi del Comportamento nei bambini adottati: la Teoria dell’Attaccamento come chiave di comprensione e intervento

La teoria dell’attaccamento come chiave di lettura per l’adozione

Accogliere un bambino adottato è una sfida complessa, soprattutto perché le difficoltà emotive e comportamentali che il bambino può presentare spesso non derivano dal nuovo ambiente, ma da esperienze traumatiche pregresse. Per capire queste reazioni, è essenziale considerare la teoria dell’attaccamento di John Bowlby (1969), che spiega come i legami primari del bambino con il caregiver influenzino il suo sviluppo emotivo e comportamentale. Secondo Bowlby, il legame di attaccamento serve come base di sicurezza che, se ben stabilita, permette al bambino di esplorare il mondo e sentirsi protetto nei momenti di difficoltà.

Molti bambini adottati hanno sviluppato modelli di attaccamento insicuro o disorganizzato a causa di esperienze di deprivazione, trascuratezza o instabilità. Questi attaccamenti disfunzionali influenzano profondamente i loro Modelli Operativi Interni (MOI), cioè le rappresentazioni mentali delle relazioni, che guidano le loro aspettative e reazioni anche nel nuovo ambiente familiare adottivo (Liotti, 2001). I MOI si attivano automaticamente in risposta a stimoli che ricordano al bambino esperienze di attaccamento passate, e possono ostacolare la capacità di fidarsi e accettare l’affetto dei nuovi genitori.

I Modelli Operativi Interni (MOI): La persistenza delle esperienze relazionali passate

I MOI, come spiegato da Liotti (2001), sono costruiti attraverso le esperienze relazionali precoci e funzionano come mappe che guidano il bambino nel percepire e interpretare le interazioni. Nei bambini adottati, i MOI spesso riflettono un mondo relazionale percepito come pericoloso o inaffidabile, soprattutto se hanno vissuto in ambienti instabili o traumatici (Bowlby, 1988; Verardo & Lauretti, 2021). Anche una volta inseriti in una famiglia sicura, i bambini adottati possono continuare a utilizzare strategie di attaccamento che sono state adattive nel contesto di maltrattamento o trascuratezza della famiglia di origine, ma che risultano disfunzionali nel nuovo ambiente.

Questi MOI disfunzionali si manifestano in comportamenti di autosufficienza difensiva o, al contrario, di iper-vigilanza e controllo, poiché il bambino può interpretare ogni forma di vicinanza come potenziale fonte di pericolo o di abbandono. Questa persistenza automatica e inconsapevole dei MOI può rendere difficile per il bambino adattarsi al nuovo ambiente adottivo, dove i segnali di affetto e protezione vengono interpretati con sospetto o ansia.

La possibilità di modificare i MOI: il ruolo della nuova famiglia

Sebbene i MOI tendano a essere stabili nel tempo, essi possono essere modificati grazie a esperienze relazionali nuove e positive (Lotti, 2001; Cancrini, 2020). Il compito dei genitori adottivi è dunque costruire nuovi modelli di relazione basati su fiducia e sicurezza, capaci di sostituire gradualmente quelli difensivi che il bambino ha sviluppato nelle sue esperienze passate (Barbieri & Benini, 2013). I genitori devono imparare a interpretare i comportamenti del bambino alla luce del trauma, comprendendo che la sua difficoltà ad accettare vicinanza o affetto non è un rifiuto, ma una manifestazione di paura e insicurezza radicate.

Creare un ambiente stabile e prevedibile e offrire al bambino una costante sintonizzazione emotiva sono aspetti fondamentali per facilitare l’emergere di nuovi MOI, più sani e positivi. È importante anche che i genitori diventino consapevoli delle loro stesse reazioni e delle proprie aspettative, poiché anche i loro modelli interni influenzeranno la relazione con il bambino.

I pilastri dell’attaccamento sicuro: contatto, sintonizzazione emotiva, sicurezza e gioco esplorativo

La costruzione di un attaccamento sicuro richiede la presenza di quattro elementi: contatto fisico e visivo, sintonizzazione emotiva, un ambiente sicuro e il gioco esplorativo. Questi elementi permettono al bambino di sperimentare fiducia e connessione emotiva, consolidando una base sicura che contrasti la percezione del mondo come minaccioso.

  1. Contatto fisico e visivo: il contatto corporeo e lo sguardo del caregiver sono essenziali per creare connessione e rassicurare il bambino. Fin dalla nascita, il contatto con il caregiver facilita il rilascio di oppioidi endogeni, che generano una sensazione di benessere e sicurezza (Siegel, 2012). Tuttavia, molti bambini adottati hanno sperimentato separazioni precoci o contesti istituzionali privi di contatto fisico, ostacolando lo sviluppo della fiducia negli altri (Verardo & Lauretti, 2021).

  2. Sintonizzazione emotiva: la capacità del genitore di rispondere in modo empatico e coerente ai segnali del bambino favorisce una regolazione emotiva più stabile. Nei bambini adottati, la carenza di esperienze di sintonizzazione può portarli a reagire con rabbia o chiusura per paura di essere nuovamente feriti o trascurati (Cancrini, 2020). Una risposta sensibile e costante aiuta a costruire fiducia e sicurezza.

  3. Ambiente sicuro: la stabilità e prevedibilità del contesto familiare sono basilari per i bambini adottati. Se in passato hanno vissuto situazioni di caos e pericolo, fornire un ambiente stabile e prevedibile li aiuta a ridurre l’ansia e a comprendere che la vicinanza non implica necessariamente rischio (Bowlby, 1988).

  4. Gioco esplorativo: il gioco, oltre a favorire lo sviluppo emotivo e sociale, attiva i circuiti di piacere nel cervello e facilita il legame con i caregiver (Barbieri & Benini, 2013). Nei contesti di deprivazione o di negligenza, questa componente è spesso assente, limitando la capacità del bambino di relazionarsi in modo positivo e spontaneo. Attraverso il gioco, i genitori adottivi possono offrire al bambino uno spazio sicuro dove sperimentare fiducia e interazione.

Modelli operativi negativi e sfide comportamentali

I bambini che hanno vissuto in ambienti instabili o traumatici spesso sviluppano credenze negative su sé stessi e sugli altri, come: “Non mi posso fidare,” “Non merito amore,” o “Sarò abbandonato di nuovo” (Verardo e Lauretti, 2021). Queste convinzioni disfunzionali si mantengono anche in contesti sicuri, creando nel bambino un sistema di credenze che può ostacolare il legame con i nuovi genitori adottivi.

Queste credenze generano regole di sopravvivenza rigide, come: “Devo proteggermi da solo,” o “Non posso mostrare vulnerabilità.” Questi pensieri difensivi impediscono al bambino di accettare pienamente l’amore dei genitori adottivi e si manifestano in difficoltà nel legame, problemi scolastici o comportamenti di allontanamento. Riuscire a vedere il comportamento attuale del bambino alla luce delle sue esperienze traumatiche consente di interpretare le sue reazioni con empatia e comprensione.

Costruire una nuova base di sicurezza

L’adozione rappresenta per molti bambini un’opportunità di crescita, ma la transizione verso una nuova famiglia non è immediata e richiede tempo e pazienza. Attraverso il sostegno dello psicoterapeuta alla comprensione dei MOI e delle dinamiche dell’attaccamento, i genitori adottivi possono a loro volta sostenere il bambino nella costruzione di nuove relazioni basate sulla fiducia. L’integrazione di esperienze di vicinanza sicura, un ambiente stabile e una sintonizzazione emotiva aiuta il bambino a modificare le credenze negative e a sviluppare una nuova base sicura, fondamentale per il suo benessere emotivo e sociale.

L’importanza di un supporto psicoterapeutico esperto: prepararsi all’adozione e alle sfide emotive

Intraprendere il percorso dell’adozione è un’esperienza emotiva e complessa, che può portare enormi soddisfazioni, ma che comporta anche sfide che vanno affrontate con la giusta preparazione. Per i genitori adottivi, consultare uno psicoterapeuta esperto in disturbi del comportamento e attaccamento, specializzato nelle dinamiche dell’adozione, è fondamentale non solo durante le prime fasi della vita familiare, ma anche nella fase di preparazione all’adozione stessa. La consulenza psicoterapeutica offre una guida preziosa per sviluppare consapevolezza sui comportamenti, le reazioni emotive e le difficoltà che il bambino adottato potrebbe manifestare e fornisce ai genitori le risorse per affrontare tali sfide con sensibilità e competenza.

Una delle prime e più importanti ragioni per cui il supporto psicoterapeutico è essenziale risiede nell’aiutare i genitori a comprendere il bagaglio emotivo del bambino adottato. La maggior parte dei bambini adottati ha vissuto situazioni di separazione, istituzionalizzazione o abbandono che hanno segnato il loro sviluppo e plasmato i loro modelli operativi interni. Uno psicoterapeuta esperto può aiutare i genitori a prendere coscienza dei trigger traumatici che potrebbero riattivarsi nella nuova vita familiare e offrire supporto e indicazioni su come gestire situazioni che potrebbero scatenare angoscia o crisi di rabbia nel bambino.

Prepararsi alla fase iniziale dell’adozione: affrontare la “luna di miele” e i primi distacchi

Un aspetto spesso sottovalutato è la fase iniziale dell’adozione, definita come “luna di miele”. In questo periodo, è comune che i genitori sperimentino un senso di armonia e stabilità con il bambino. Durante le prime settimane, il bambino può mostrare comportamenti conformi e apparentemente sereni, poiché sta ancora esplorando e adattandosi alla nuova famiglia. Tuttavia, senza un adeguato supporto e preparazione, i genitori potrebbero interpretare questa fase come una prova di successo dell’adozione, ignorando o sottovalutando la possibilità che in seguito emergano comportamenti problematici.

Uno psicoterapeuta esperto è in grado di anticipare ai genitori l’importanza di questa fase e di prepararli a ciò che potrà accadere successivamente, una volta terminato il periodo di adattamento iniziale. Il bambino potrebbe iniziare a sentirsi più vulnerabile o, al contrario, a manifestare rabbia e sfiducia, attivando quelle che erano le sue strategie di attaccamento nelle precedenti esperienze relazionali. La “luna di miele”, quindi, potrebbe essere seguita da una fase più difficile, in cui il bambino inizia a mostrare le sue paure più profonde, legate all’abbandono o al sentirsi non amato. La consulenza psicoterapeutica prepara i genitori a riconoscere questi segnali e ad affrontarli con comprensione e resilienza.

Il ruolo della scuola e delle situazioni di distacco come potenziali trigger traumatici

L’inizio della scuola è uno dei momenti più delicati per i bambini adottati. Lasciare il genitore per un ambiente sconosciuto può essere interpretato come un possibile abbandono, riattivando traumi passati legati alle separazioni precoci e alla paura di non essere più accuditi. Questo passaggio richiede attenzione e sensibilità, poiché ambienti come la scuola possono ricordare al bambino le strutture istituzionali o i contesti in cui ha vissuto prima dell’adozione. Per un bambino con una storia di istituzionalizzazione, l’ambiente scolastico può evocare memorie inconsce di abbandono, riaccendendo ansie e comportamenti di difesa che erano presenti in precedenza.

Uno psicoterapeuta esperto può preparare i genitori a questa fase, insegnando loro a riconoscere e gestire l’ansia da separazione che il bambino potrebbe manifestare. Questa ansia potrebbe presentarsi sotto forma di pianti, resistenze a frequentare la scuola, sintomi fisici come mal di pancia o mal di testa, o comportamenti aggressivi verso uno o entrambi i genitori adottivi (o spesso a scuola verso insegnanti e personale scolastico). Senza una guida adeguata, i genitori potrebbero reagire con frustrazione o paura, interpretando questi segnali come mancanza di adattamento o volontà di sabotare il rapporto familiare, irrigidendosi ulteriormente (spesso uno dei due genitori diventa ancora più rigido nell’applicazione dell'”educazione” e questa rigidità può esacerbare ulteriormente l’emergere di disturbi del comportamento). Al contrario, un professionista qualificato aiuta i genitori a capire che queste reazioni sono manifestazioni di paure profonde e non deliberate, e offre strategie per affrontarle con pazienza e rassicurazione.

È importante sottolineare che questo approccio non va confuso con un semplice atteggiamento “buonista”: al contrario, è un intervento mirato e consapevole che considera le complesse dinamiche relazionali radicate nel trauma e nella teoria dell’attaccamento. I bambini che hanno vissuto esperienze di abbandono e di trascuratezza spesso sviluppano reazioni di difesa e ipervigilanza, e ciò richiede da parte dei genitori un approccio empatico e strutturato, capace di rispondere ai bisogni emotivi del bambino in modo efficace e costruttivo.

L’importanza della continuità del supporto psicologico

Un’altra considerazione cruciale è che il supporto psicologico non dovrebbe limitarsi ai primi mesi di adozione. La vita del bambino adottato può essere costellata da fasi delicate, in cui nuovi eventi, come la nascita di un fratello, cambiamenti nella vita familiare o semplici situazioni sociali, possono riattivare paure e insicurezze. La consulenza di uno psicoterapeuta fornisce uno spazio sicuro per esplorare questi vissuti, supportando i genitori nel rispondere in modo appropriato e nel rafforzare il legame di attaccamento.

Uno psicoterapeuta esperto sa che, nel tempo, il bambino adotterà gradualmente modelli di comportamento più sicuri e che i genitori stessi, se adeguatamente supportati, acquisiranno maggiore fiducia e capacità di gestione dei trigger emotivi. Tuttavia, è importante che i genitori siano disposti a continuare a lavorare su sé stessi e sulla relazione, specialmente nei momenti di crisi. Questa continuità garantisce che il legame con il bambino si sviluppi su basi sempre più stabili e profonde, consentendo al piccolo di sentirsi accettato e protetto nonostante le sue insicurezze.

avvertenza per i genitori: anticipare le difficoltà per prevenire traumi secondari

È fondamentale sottolineare che non prepararsi adeguatamente alle sfide dell’adozione può portare a difficoltà maggiori nel tempo. Quando i genitori non sono consapevoli delle possibili reazioni del bambino e della loro radice nei traumi passati, possono verificarsi incomprensioni e conflitti che danneggiano la qualità del legame familiare deludendo anche le aspettative rispetto al percorso di adozione intrapreso. Se i genitori non sono pronti a fronteggiare la fase iniziale della “luna di miele” e i successivi trigger legati al distacco e alla separazione, è più probabile che interpretino il comportamento del bambino come ostilità o mancanza di gratitudine, piuttosto che come una manifestazione di paura e angoscia.

L’adozione è una scelta che porta con sé un’immensa responsabilità emotiva, e la guida di uno psicoterapeuta esperto offre una risorsa insostituibile per affrontare con consapevolezza e preparazione le difficoltà che potrebbero presentarsi.

Articolo a cura del: 
Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica

Bibliografia:

  • Barbieri, M., & Benini, C. (2013). Adozioni e psicoterapia.
  • Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss: Volume I. Attachment. Basic Books.
  • Bowlby, J. (1988). A Secure Base: Parent-Child Attachment and Healthy Human Development. Basic Books.
  • Cancrini, L. (2020). La sfida dell’adozione. Cronaca di una terapia riuscita. Raffaello Cortina Editore, Milano.
  • Liotti, G. (2001). Le operazioni cognitive implicate nelle rappresentazioni mentali delle relazioni. In G. Liotti, La dimensione interpersonale della coscienza. Raffaello Cortina Editore.
  • Siegel, D. J. (2012). The Developing Mind: How Relationships and the Brain Interact to Shape Who We Are. Guilford Press.
  • Van der Kolk, B. (2014). The Body Keeps the Score. Penguin Books.
  • Verardo, A. R., & Lauretti, G. (2021). Riparare il trauma infantile: manuale teorico-clinico d’integrazione tra sistemi motivazionali e EMDR. Giovanni Fioriti.

Richiesta consulenza

Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.
Nome e Cognome
Indicare come preferisce svolgere la consulenza:
Indicare il tipo di problema per il quale si chiede aiuto (è possibile selezionare più opzioni):
Privacy policy
Preso atto dell’Informativa privacy dello Studio di Psicoterapia e Psicologia Pediatrica - Dott. Samuele Russo (consultabile a questo link: https://www.psicologiapediatrica.it/privacy) acconsento espressamente al trattamento dei miei dati personali con le modalità sopra indicate, ivi inclusa la comunicazione dei miei dati ai soggetti menzionati: per l’invio di comunicazioni informative, di eventuali nostre newsletter, con qualsiasi mezzo (conosciuto o non), ivi compreso, a titolo esemplificativo e non esaustivo, posta, Internet, telefono, E-mail, MMS, SMS da parte di Studio di Psicoterapia e Psicologia Pediatrica - Dott. Samuele Russo.