I sintomi del trauma infantile

Ci sono numerosi bambini che affrontano eventi stressanti durante il loro percorso di crescita. Molte volte, queste situazioni comprendono esperienze piuttosto difficili come il divorzio dei genitori, la perdita di un caro parente anziano o persino la morte di uno dei genitori.

Nonostante abbiano passato attraverso esperienze traumatiche, molti bambini dimostrano una notevole resilienza e non sviluppano sintomi traumatici persistenti. Diversi fattori, tra cui il loro stadio di sviluppo, le risorse di supporto a disposizione e la loro predisposizione individuale, possono influenzare la probabilità che essi sviluppino difficoltà a seguito di tali eventi.

La reazione di un bambino a un evento traumatico può essere influenzata da molteplici variabili, inclusa la sua età e il suo livello di sviluppo. Ad esempio, sembra che nei casi di traumi a breve termine, i bambini più piccoli siano particolarmente influenzati dalla risposta dei loro genitori. Se i genitori riescono a reagire positivamente e a fornire un adeguato sostegno al bambino, molti bambini più giovani non sviluppano sintomi traumatici gravi o duraturi. Questo perché i bambini più piccoli potrebbero non avere ancora le competenze cognitive per comprendere appieno gli eventi o per regolare le proprie emozioni quando la figura di riferimento non è in grado di proteggerli o, peggio ancora, perpetra violenza nei loro confronti.

Il supporto genitoriale riveste un ruolo fondamentale nella salute mentale dei bambini. I genitori possono dimostrare il loro sostegno in modi concreti dopo un trauma: assicurando al bambino che saranno sempre lì per proteggerlo; mostrando amore e sostegno in modi tangibili; aiutando il bambino a mantenere una prospettiva positiva sul futuro; fornendo un modello di comportamento emotivamente equilibrato; esprimendo fiducia nel bambino sia verbalmente che attraverso azioni quotidiane.

I bambini che subiscono traumi interpersonali, come l’abuso infantile, la violenza domestica o la perdita di un caro in circostanze traumatiche, possono sviluppare sintomi caratteristici del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD). Questi sintomi possono manifestarsi sotto forma di paura eccessivamente diffusa, pensieri disfunzionali e iperattivazione, oltre a sperimentare difficoltà legate alla perdita della figura principale di attaccamento e al ruolo riconosciuto nella famiglia.

Alcuni bambini potrebbero mostrare solo pochi sintomi tipici del PTSD, ma possono invece presentare altre forme di risposte traumatiche, come problemi nell’espressione delle emozioni, cambiamenti comportamentali, alterazioni biologiche e difficoltà nelle relazioni di attaccamento.

I sintomi del PTSD

I bambini che manifestano sintomi traumatici spesso subiscono una significativa alterazione della percezione di sé stessi, del mondo circostante e/o delle altre persone a causa dell’esposizione a uno o più eventi traumatici. Molte di queste esperienze possono essere accompagnate da cambiamenti psicobiologici che contribuiscono alla manifestazione e al mantenimento di sintomi psicologici.

Queste risposte sintomatiche possono essere suddivise in diverse categorie, tra cui affettive, comportamentali, cognitive, interpersonali, legate al trauma complesso e biologiche.

I sintomi del trauma spesso si manifestano in risposta a stimoli che richiamano il trauma stesso. Questi stimoli, chiamati attivatori del trauma, scatenano ciò che viene definito “richiamo del trauma”. I richiami del trauma possono assumere varie forme, tra cui persone, luoghi, conversazioni, oggetti, sensazioni interne e molto altro, che evocano nel bambino ricordi dell’evento o degli eventi traumatici.

Quando i bambini si trovano di fronte a un richiamo del trauma, possono sperimentare sentimenti simili a quelli provati durante l’evento originario. Questo può portarli a pensare e agire come se il trauma si stesse ripetendo, anche se si trovano in un ambiente sicuro.

Spesso, i bambini traumatizzati si presentano dallo psicoterapeuta a causa di comportamenti associati alla loro disregolazione emotiva, piuttosto che per la loro storia traumatica. Questo fenomeno è particolarmente comune nei bambini affetti da quello che viene definito trauma complesso, caratterizzato da una disregolazione significativa in diversi ambiti di funzionamento.

Poiché i genitori e altri adulti di riferimento spesso non collegano questi comportamenti ai precedenti traumi del bambino, è essenziale riconoscere, identificare e stabilire connessioni tra i richiami del trauma e i sintomi manifestati dal bambino. Questo è cruciale per comprendere appieno la storia del bambino e aiutare la famiglia a comprendere che i problemi del bambino sono spesso una reazione diretta al trauma subito.

I bambini che hanno vissuto esperienze traumatiche possono essere scatenati anche da richiami legati alla perdita o al cambiamento. Eventi come compleanni, anniversari o festività significative, come la festa della mamma o del papà, possono riportare alla mente i sentimenti legati alla perdita. Allo stesso modo, i richiami del cambiamento possono evocare riflessioni su come lo stile di vita o l’identità del bambino siano stati influenzati dall’evento traumatico. Ad esempio, se un bambino ha perso il padre soldato in combattimento, potrebbe dover affrontare un cambiamento radicale nello stile di vita, passando da una comunità militare a una civile. In questo caso, il bambino non ha solo subito la perdita del padre, ma ha anche perso la sua precedente routine e identità, generando ulteriore stress e confusione.

Sintomi affettivi del trauma

I sintomi affettivi più comuni associati al trauma includono paure intense, sensazioni di tristezza o depressione, rabbia e una disregolazione affettiva grave, che si manifesta con frequenti cambiamenti di umore e difficoltà nel gestire stati emotivi negativi.

La paura è una risposta sia istintiva che appresa a situazioni spaventose. I bambini reagiscono istintivamente con paura di fronte a pericoli per la vita; il sistema nervoso autonomo reagisce a questa percezione di pericolo rilasciando una grande quantità di neurotrasmettitori adrenergici, aumentando così l’ansia. I ricordi spaventosi sono memorizzati nel cervello in modo diverso rispetto a quelli non traumatici. Alcuni bambini possono manifestare le stesse reazioni fisiologiche e psicologiche di paura quando vengono esposti a stimoli che richiamano l’evento traumatico. Ad esempio, i bambini che sono stati coinvolti in gravi incidenti automobilistici potenzialmente fatali potrebbero sentirsi spaventati quando passano vicino al luogo dell’incidente. Questa risposta di paura può diventare generalizzata, in modo che persone, luoghi, oggetti o situazioni che sono normalmente innocui ma che richiamano l’evento traumatico, provocano lo stesso livello di paura dell’evento originale.

L’intrusione di memorie spaventose rappresenta una caratteristica chiave del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD). I bambini possono sperimentare pensieri o ricordi spaventosi durante il giorno, oppure incubi paurosi durante la notte. Nei bambini più piccoli, il contenuto di questi sogni può non essere direttamente correlato all’evento traumatico, ma rappresentare invece altre situazioni spaventose. Lo sviluppo di nuove paure, senza un’apparente relazione con il trauma, se non la prossimità temporale, può essere un sintomo del PTSD nei bambini molto piccoli.

Oltre alle paure specifiche, l’ansia diffusa può svilupparsi a causa della natura immediata e imprevedibile del trauma. Questo stato ansioso può far sì che i bambini si sentano generalmente insicuri e ipervigili, cercando continuamente di proteggersi da eventuali pericoli futuri. Questa costante sensazione di pericolo può influenzare negativamente la capacità del bambino di svolgere compiti di sviluppo appropriati per la propria età, portandoli ad assumere responsabilità ben al di là di quanto sia normale per la loro fase di crescita. Allo stesso modo, potrebbe spingerli a ritirarsi dalla scuola e dalla famiglia, percependo l’aggressività come l’unico modo per sopravvivere.

L’ansia generale può anche derivare da una sorta di ipervigilanza genitoriale, con il bambino che si sforza di essere “perfetto” per proteggersi dalle minacce future. Questa costante attenzione per possibili segnali di pericolo e altri comportamenti guidati dall’ansia possono interferire con il normale adattamento e portare allo sviluppo di un Disturbo d’Ansia Generalizzato, spesso associato ad altri disturbi psicologici.

Dopo un trauma, i bambini possono sperimentare intensi sentimenti di depressione e tristezza, spesso come risposta alla perdita improvvisa della fiducia nelle persone e nel mondo circostante. Molte volte, i bambini traumatizzati subiscono perdite concrete che provocano un profondo senso di tristezza. Ad esempio, in seguito a una morte improvvisa o a una separazione traumatica, come l’incarcerazione di un genitore, l’espulsione o il collocamento in affidamento, i bambini possono sviluppare una tristezza intensa, desiderando ardentemente il ricongiungimento con la figura di attaccamento perduta.

I bambini che affrontano il lutto traumatico possono sviluppare pensieri suicidi persistenti, nella speranza di riunirsi con il genitore o la figura di attaccamento defunta.

Alcuni bambini subiscono perdite concrete durante il trauma, che possono generare una profonda tristezza. Ad esempio, un bambino colpito da un’arma da fuoco, coinvolto in un incidente stradale, vittima di abusi fisici gravi o incendi può sperimentare dolore fisico, perdita di funzionalità o danni fisici. L’abuso sessuale può causare ferite genitali dolorose e/o malattie sessualmente trasmissibili. Inoltre, un incendio o un disastro naturale può comportare la perdita di effetti personali, della casa o persino delle persone care. Di fronte a queste perdite reali, i bambini possono sviluppare credenze o cognizioni disfunzionali che contribuiscono alla depressione o ad altri stati emotivi negativi. Per esempio, una visione distorta del mondo, tipica dello sviluppo infantile, può portare all’autoccolpa per l’evento traumatico, alimentando così sintomi depressivi come colpa, vergogna, bassa autostima e persino idee suicide.

L’immagine negativa di sé stessi, che è un fattore significativo per molti bambini traumatizzati, può influenzare scelte disfunzionali riguardanti le relazioni con i pari e i partner, nonché comportamenti autodistruttivi come abuso di sostanze, autolesionismo, pratiche sessuali rischiose e tentativi di suicidio, ciascuno dei quali è spesso associato a esperienze di abuso infantile o altri tipi di trauma.

La rabbia è spesso presente nei bambini come sintomo di traumi, derivante dalla percezione di ingiustizia legata all’evento traumatico, nel senso che il bambino non ha fatto nulla per meritare il trauma. Ad esempio, i bambini vittime di violenza domestica possono sviluppare un legame traumatico con l’aggressore, schierandosi con lui. La rabbia nei bambini traumatizzati può manifestarsi attraverso comportamenti disobbedienti, accessi di ira, capricci imprevedibili o aggressioni fisiche verso persone o proprietà. Alcuni bambini che hanno subito abusi sessuali possono anche manifestare comportamenti di aggressione sessuale verso gli altri.

Va tenuto presente che alcuni bambini mostrano già livelli elevati di rabbia e problemi comportamentali esternalizzanti prima dell’evento traumatico.

I bambini traumatizzati, specialmente quelli che hanno subito traumi gravi o cronici, possono diventare ipersensibili e reattivi ai richiami del trauma, come situazioni o comportamenti associati ai traumi passati. Ad esempio, uno studio ha dimostrato che i bambini vittime di abuso fisico sono più propensi a percepire volti arrabbiati rispetto ai bambini non vittime.

I bambini con trauma complesso spesso sviluppano ipersensibilità o rabbia disfunzionale in risposta a un percepito rifiuto, poiché il rifiuto genitoriale o altro nella loro esperienza passata era associato e serviva da segnale d’allarme per atti di abuso o altri eventi traumatici. Questi bambini mostrano spesso una grave disregolazione affettiva, caratterizzata da repentini e/o estremi cambiamenti di affetto accompagnati da difficoltà nel ripristinare una regolazione emotiva adeguata.

La disregolazione affettiva è comune nei bambini che hanno subito esperienze traumatiche complesse o multiple, come abusi infantili o violenza domestica, rispetto a quelli che hanno vissuto un singolo evento traumatico. Inoltre, questi bambini spesso non ricevono una guida educativa o un supporto adeguato per affrontare le loro emozioni dopo il trauma, in quanto i genitori potrebbero trascurarli, invalidarli o punirli per esprimere paura, tristezza o rabbia.

I bambini traumatizzati mostrano anche alterazioni neurobiologiche, inclusi alti livelli cronici di ormoni dello stress e neurotrasmettitori come l’epinefrina, che rendono più difficile la regolazione emotiva (De Bellis et al., 1999a).

Sintomi comportamentali al trauma

Nel tentativo di evitare sentimenti dolorosi, i bambini possono sviluppare comportamenti che, sebbene mirino a proteggerli, possono causare ulteriori difficoltà. L’evitamento dei richiami del trauma è una caratteristica distintiva del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD). Al fine di sfuggire ai sentimenti negativi travolgenti, i bambini possono cercare di evitare i pensieri, le persone, i luoghi o le situazioni che ricordano loro le esperienze traumatiche.

Tuttavia, è spesso difficile, se non impossibile, per i bambini evitare completamente i richiami del trauma. Ad esempio, per un bambino che ha subito violenza domestica continua, entrambi i genitori possono essere dei richiami del trauma. Per un bambino coinvolto in una comunità segnata dalla violenza, l’intero quartiere può diventare un attivatore del trauma. Per i bambini il cui trauma è così diffuso da essere onnipresente, l’evitamento raramente è una strategia di gestione efficace a lungo termine. Quando l’evitamento non riesce a proteggere i bambini dalle emozioni negative sopraffacenti, possono sviluppare intorpidimento emotivo o, nei casi più gravi, dissociazione.

I comportamenti correlati al trauma possono anche svilupparsi in risposta a modelli di legame o modelli di trauma. Il modellamento si verifica quando i bambini crescono in ambienti familiari e comunitari caratterizzati da abusi o violenze, e hanno molte opportunità per osservare e apprendere comportamenti disfunzionali e strategie di coping. Possono anche osservare che tali comportamenti vengono ricompensati ripetutamente. Ad esempio, un bambino che subisce abusi fisici o violenza domestica potrebbe erroneamente concludere che la rabbia e l’abuso siano modi accettabili per affrontare la frustrazione. Se questo bambino vede anche il genitore aggressivo che mantiene il controllo sulla famiglia, sulle emozioni, sulle finanze, mentre il genitore abusato è ripetutamente ferito e impotente, potrebbe arrivare alla conclusione che la violenza sia un comportamento accettabile, forse addirittura vantaggioso.

Un altro esempio di modellamento comportamentale durante l’abuso sessuale è rappresentato dai comportamenti sessuali. Se un bambino abusato sessualmente apprende che tali comportamenti sono gratificati, ad esempio per il potere che conferiscono all’abusante o perché sono fisicamente stimolanti, il bambino potrebbe sviluppare comportamenti sessualizzati continui.

Il legame traumatico coinvolge non solo il modellamento di comportamenti inadeguati, ma anche dinamiche di attaccamento disadattivo. Questo coinvolge anche l’accettazione di spiegazioni approssimative per comportamenti inadeguati. Questo fenomeno è stato descritto nella letteratura psicoanalitica come identificazione con l’aggressore e dalle forze dell’ordine come sindrome di Stoccolma. Quando i bambini sono sotto il controllo di un genitore violento o aggressivo e l’altro genitore è inefficace nel proteggere sé e il figlio, i loro bisogni naturali di attaccamento e affiliazione possono diventare distorti e conflittuali. In questa situazione, è difficile mantenere una percezione equilibrata di entrambi i genitori senza provare grande confusione e conflitto. Spesso tali bambini hanno paura e amore per il genitore abusante e possono aver subito violenza personalmente se tentavano di difendere il genitore abusato. Questi bambini possono legarsi al genitore violento per autopreservazione. Per gestire il senso di colpa e la dissonanza cognitiva associata a rivoltarsi contro il genitore vittimizzato, possono adottare i punti di vista, gli atteggiamenti e i comportamenti del genitore violento e diventare essi stessi abusanti o violenti.

Il legame traumatico è anche un problema tra giovani che hanno subito sfruttamento sessuale a fini di lucro. In queste circostanze, possono emergere altri comportamenti correlati al trauma. Ad esempio, questi bambini spesso evitano interazioni sane con coetanei appropriati alla loro età, preferendo frequentare bambini che condividono i loro problemi emotivi e comportamentali. La loro scelta di amicizia probabilmente è correlata all’immagine negativa di sé che molti bambini traumatizzati sviluppano. Possono temere il rifiuto da parte dei coetanei “normali” e trovare che frequentare bambini che vivono situazioni simili alle loro, come quelli con maltrattamento interpersonale continuo, li faccia sentire più familiari e a proprio agio.

La rabbia che molti bambini traumatizzati sviluppano è tipicamente manifestata attraverso comportamenti oppositivi, aggressivi e/o distruttivi. Questi bambini sono maggiormente a rischio di utilizzo di sostanze, che può essere utilizzato come strategia per evitare i richiami del trauma o per affrontare l’immagine negativa di sé, o che può emergere come conseguenza dell’associazione con altri bambini problematici.

L’autolesionismo, come il tagliarsi, il bruciarsi o altre forme di automutilazione, così come i comportamenti suicidari, sono associati al trauma infantile. Alcuni giovani che si autolesionano descrivono questi atti come un modo per invertire l’insensibilità che percepiscono. Per esempio, un giovane ha detto: “Quando mi taglio, è l’unico momento in cui so di essere reale”.

Altri possono cercare l’attenzione che sentono di non ricevere in modo adeguato; altri ancora possono reagire alla disperazione e al dolore insopportabile che stanno vivendo. Alcuni giovani descrivono il comportamento di taglio come un modo per gestire l’ansia.

Altri comportamenti a rischio correlati al trauma possono includere comportamenti sessuali ad alto rischio, guidare sotto l’influenza di droghe o alcol, l’uso di pistole o altre armi senza considerare le conseguenze, e vari altri comportamenti spericolati e ad alto rischio che espongono i giovani a situazioni in cui c’è un’alta probabilità di subire o causare gravi ferite o morte.

Comportamenti spericolati e autodistruttivi sono così diffusi che sono stati inclusi nei nuovi criteri diagnostici del PTSD nel DSM-5 (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).

Un altro sintomo comportamentale spesso presente nei bambini traumatizzati è la cosiddetta “parentificazione”, nota anche come inversione di ruolo. Troppo spesso, la malattia mentale dei genitori, l’abuso di sostanze e/o fattori circostanziali contribuiscono alle esperienze traumatiche dei bambini. In questi scenari, un bambino in famiglia può assumere il ruolo di prendersi cura di bambini più piccoli o persino di accudire il genitore. Nel tempo, la famiglia può arrivare a aspettarsi che quel bambino svolga tali compiti di accudimento e il bambino può arrivare a credere che quel ruolo sia indispensabile per la famiglia, contribuendo al mantenimento del sovrafunzionamento del bambino. Aiutare questi bambini a imparare a funzionare in modo adeguato alla loro età, cioè a essere bambini, è spesso un importante obiettivo del trattamento.

Sintomi cognitivi del trauma

Il trauma infantile può alterare profondamente le cognizioni, sia dei bambini che dei loro genitori, su se stessi, sul perpetratore del trauma, sulle altre persone, sul contratto sociale e sul mondo in generale. Dopo un evento traumatico, i bambini spesso cercano una spiegazione su come qualcosa di così terribile abbia potuto accadere a loro o ai loro cari. Se non trovano una spiegazione razionale, possono sviluppare credenze irrazionali o distorte sulla causazione, nel tentativo di recuperare un senso di controllo o prevedibilità degli eventi. Una credenza irrazionale comune è l’autocolpevolizzazione, sia attribuendosi la responsabilità per l’evento stesso – ad esempio, pensando “mi ha abusato sessualmente perché indossavo quel vestito” – sia per non aver previsto o evitato l’evento – ad esempio, pensando “avrei dovuto sapere che papà sarebbe stato di cattivo umore, perché non ho avvertito mamma di essere particolarmente gentile con lui per evitare che picchiasse?”.

In alternativa, sebbene non direttamente collegate all’evento traumatico, i bambini possono sviluppare credenze di essere cattivi, meritevoli di vergogna o, in qualche modo, carenti, al fine di “giustificare” le cose brutte che accadono loro. Ad esempio, un bambino potrebbe dire “devo essere stupido perché questo mi è successo”. Questo modo di pensare permette al mondo di rimanere giusto, prevedibile e comprensibile, attribuendo la cattiva sorte solo a loro stessi. I bambini esposti a un trauma interpersonale continuo, come abusi o trascuratezze infantili, violenza domestica, sembrano essere particolarmente inclini a queste tipologie di cognizioni, forse perché questi atti sono intenzionali, diretti personalmente e spesso perpetrati da genitori o altri adulti da cui ci si aspetterebbe che proteggano i bambini, anziché nuocere loro.

Sviluppare un senso di responsabilità realistico, ad esempio incolpando il genitore perpetratore, è spesso più difficile e doloroso per i bambini rispetto a incolpare se stessi. Altre credenze distorte possono riguardare altre persone, non perpetratori. I bambini possono generalizzare la loro esperienza di tradimento da parte di una persona e concludere che nessuno è degno di fiducia. Questa credenza può ostacolare le relazioni tra pari o l’attaccamento del bambino a genitori non colpevoli del trauma e ad altri adulti, e può ulteriormente danneggiare l’immagine di sé del bambino. Al contrario, i bambini possono cercare di “correggere” la loro esperienza cercando relazioni strette con adulti o pari che potrebbero essere sicuri o meno, ma che sperano possano offrire conforto. Questo comportamento spesso porta a esperienze dolorose aggiuntive, come ulteriori abusi o il rifiuto delle aspettative di vicinanza del bambino.

Dopo un abuso sessuale, alcuni bambini sviluppano la convinzione disadattiva che “l’unico modo in cui saranno amati è se si concedono sessualmente”. Questa dinamica è stata descritta come “sessualizzazione traumatica” e viene considerata una caratteristica chiave dell’abuso sessuale. I bambini traumatizzati possono anche sviluppare credenze che minano la loro fede in Dio o in un futuro positivo. Questi pensieri possono influenzare le loro scelte comportamentali, diventando profezie che si autoavverano.

Sintomi interpersonali del trauma

I bambini che affrontano un trauma spesso manifestano cambiamenti significativi nelle loro relazioni interpersonali. In forme meno gravi, possono mostrare tendenze al ritiro sociale, allontanandosi dai pari o trovando difficoltà nel partecipare alle attività sociali. Questo atteggiamento di isolamento può ostacolare le interazioni sociali su diversi livelli nel corso del tempo.

Inoltre, i bambini che sperimentano vergogna o stigma legati alle loro esperienze traumatiche potrebbero esitare a condividere tali esperienze anche con gli amici più intimi, portando a un cambiamento nella natura di queste amicizie, talvolta anche quando i bambini hanno più bisogno del sostegno di amici intimi.

In particolare, i genitori che perpetuano gravi e continui traumi interpersonali, come abusi sessuali, trascuratezza infantile o violenza domestica, possono interrompere le relazioni di attaccamento primario tra genitore e bambino. Queste relazioni sono fondamentali per i bambini nel modellare le loro future relazioni interpersonali basate sulla fiducia. Il risultato di questa interruzione può essere profondo: i bambini che vivono tali esperienze spesso affrontano continue sfide nel tentativo di stabilire nuove relazioni, poiché ogni nuova connessione potrebbe risvegliare i ricordi del trauma originario perpetrato dai genitori o da altri individui iniziali.

I sintomi biologici del trauma

Il cervello e il corpo del bambino sono integralmente coinvolti nello sviluppo e nella manifestazione delle emozioni, dei processi cognitivi e dei comportamenti. Ogni azione, pensiero o sentimento di una persona è sempre associato a un’attività del cervello. Pertanto, non sorprende che il trauma abbia il potenziale di alterare il funzionamento della mente. Queste modifiche nel funzionamento del cervello, quando persistenti nel tempo, possono contribuire al mantenimento dei sintomi del trauma descritti in precedenza. In alcuni casi, queste alterazioni funzionali croniche possono anche portare a cambiamenti strutturali del cervello.

È ben noto che lo stress influisce sulle attività dei neurotrasmettitori e degli ormoni, sia nel cervello che in altre parti del corpo, come ad esempio le ghiandole surrenali, che a loro volta generano risposte fisiologiche come aumento del battito cardiaco, della respirazione e della pressione sanguigna, e una maggiore attivazione muscolare, insieme a una maggiore vigilanza. Il trauma infantile, in particolare il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), è associato a cambiamenti continui in queste aree della fisiologia. I bambini traumatizzati possono presentare una frequenza cardiaca a riposo più elevata, una maggiore pressione sanguigna, una maggiore tensione fisica e un’iper-vigilanza.

Sono state documentate anche altre modifiche nella funzione e nella struttura del cervello nei bambini traumatizzati, soprattutto in coloro che hanno subito traumi interpersonali come l’abuso infantile o la violenza domestica. Ad esempio, uno studio ha rilevato che i bambini con una storia di abuso sessuale, abuso fisico o esposizione alla violenza domestica avevano un volume cerebrale ridotto, un QI più basso, prestazioni scolastiche inferiori, un corpo calloso più piccolo (la parte del cervello che connette gli emisferi destro e sinistro) e punteggi più elevati di dissociazione rispetto ai bambini che non avevano subito tali traumi. Inoltre, la gravità di queste modifiche è stata correlata alla durata del maltrattamento subito.

il trattamento del trauma

Gli interventi psicoterapeutici rivestono un ruolo fondamentale nel trattamento dei bambini traumatizzati. Questi interventi mirano a regolare il funzionamento emotivo, cognitivo e comportamentale dei bambini, con l’obiettivo di minimizzare o invertire l’impatto avverso del trauma sul corpo e sul cervello. Attraverso l’apprendimento di nuove risposte che competono con le risposte di paura apprese precedentemente, è possibile promuovere il recupero e il benessere dei bambini. L’approccio terapeutico mirato a fornire supporto emotivo, insegnare strategie di coping e promuovere la resilienza, installare risorse ed elaborare i traumi può contribuire in modo significativo alla guarigione dei bambini traumatizzati e al loro adattamento positivo alle esperienze traumatiche. È importante che tali interventi siano basati sull’evidenza e personalizzati per le esigenze specifiche di ciascun bambino, integrando approcci sistemico relazionale, cognitivo-comportamentali, psicodinamici e basati sulla relazione terapeutica. Un approccio evidence based riconosciuto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) è la terapia EMDR. In questo e in qualsiasi altri approccio è fondamentale che il terapeuta sia adeguatamente formato per lavorare nell’ambito della psicoterapia infantile. Solo attraverso un impegno continuo e un supporto adeguato è possibile favorire il recupero a lungo termine e il benessere psicologico dei bambini colpiti dal trauma.

Articolo a cura del: 
Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica

Bibliografia:

  • Cohen J. A., Mannarino A. P., Deblinger E., Trattare il trauma e il lutto traumatico nei bambini e negli adolescenti, Giovanni Fioriti Editore, Roma, 2022

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