Il disturbo socio-pragmatico comunicativo

Il DSM-5, il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali dell’American Psychiatric Association, ha recentemente introdotto il Disturbo Socio-Pragmatico Comunicativo (DSPC) tra i Disturbi della Comunicazione, all’interno del vasto campo dei Disturbi del Neurosviluppo. 

Il DSPC è un disturbo caratterizzato da persistenti difficoltà nell’uso sociale della comunicazione verbale e non verbale, senza la presenza di interessi e comportamenti ristretti e ripetitivi, tipici nel Disturbo dello Spettro dell’Autismo.

Nel dettaglio, il DSPC si manifesta con una difficoltà principale nell’uso sociale del linguaggio e della comunicazione. Ciò si riflette in deficit nel comprendere e rispettare le regole sociali della comunicazione verbale e non verbale in contesti naturali. Include anche la difficoltà a modulare il linguaggio in base alle esigenze dell’interlocutore e del contesto, a seguire le regole delle conversazioni e della narrazione, e a comprendere il linguaggio implicito e figurato. Questi deficit generano limitazioni funzionali in vari ambiti e non possono essere spiegati da carenze nelle abilità linguistiche strutturali o nelle competenze cognitive.

Una caratteristica spesso associata al DSPC è il Disturbo del linguaggio, evidenziato da un ritardo nello sviluppo linguistico e da compromissioni nelle strutture linguistiche, passate e/o presenti. Le persone con DSPC possono manifestare comportamenti di evitamento delle interazioni sociali.

Tuttavia, la valutazione e la diagnosi delle competenze socio-comunicative e pragmatiche sono sfide complesse. Queste competenze dipendono fortemente dal contesto, sono sensibili a variazioni culturali e mancano di dati normativi adeguati. Inoltre, dato che dipendono dallo sviluppo del linguaggio, la diagnosi di DSPC è rara nei bambini sotto i 4 anni. Le forme più lievi del disturbo potrebbe non essere viste prima dell’adolescenza quando le dinamiche del linguaggio, della comunicazione e delle interazioni sociali diventano più complesse e rendono più evidente tale disturbo. 

Articolo curato da:

Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica

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