Il bambino che tiene le emozioni dolorose dentro di sé
Winnicott ha coniato l’espressione “autocontenimento” per descrivere il comportamento di alcuni bambini che affrontano le emozioni più dolorose da soli, anziché chiedere aiuto. Questi bambini raramente esprimono apertamente tristezza, paura o rabbia. La convinzione che chiedere aiuto peggiori la situazione li porta a reprimere le loro emozioni, poiché temono il rifiuto o l’incomprensione. Questa sfiducia nelle persone può derivare da diversi fattori, come il temperamento del bambino o il suo stile di attaccamento. In un mondo in cui non esistono persone capaci di fornire aiuto, la vita diventa molto solitaria e triste .
I bambini che si autocontengono spesso esprimono indirettamente il loro senso di impotenza, ad esempio attraverso il gioco. Nella terapia con la sabbia, mettono in scena situazioni in cui figure come poliziotti o medici sono impotenti e non possono offrire soccorso. Alcuni di questi bambini, provenienti da famiglie in cui i genitori sono emotivamente indisponibili, temono che condividere le proprie emozioni possa ferire chi li ascolta. Ciò li spinge a contenere i propri stati emotivi. Questo comportamento è spesso inconscio e influenzato dall’attaccamento sviluppato nei primi anni di vita.
Il messaggio che questi bambini inviano al mondo è: “Non ho bisogno di te”, un atteggiamento che può diventare parte integrante della loro identità, influenzando negativamente il loro benessere emotivo e le relazioni future.
La vita di un bambino che non esprime le sue emozioni
Reprimere le emozioni non è un modo efficace per gestirle. L’energia necessaria per trattenere le emozioni può accumulare pressione interna, che a lungo andare si trasforma in una fonte di disagio. I bambini che scelgono l’autocontenimento possono manifestare sintomi comportamentali e fisici. Questi sintomi possono includere ansia, agitazione, comportamenti compulsivi, scoppi d’ira, difficoltà di concentrazione, incubi, fobie e persino malattie psicosomatiche.
Molti di questi bambini adottano strategie di coping disfunzionali, come l’uso eccessivo di cibo, l’ascolto di musica a volume altissimo o comportamenti di autolesionismo. Questo comportamento può sembrare agli adulti un modo per evitare il dolore emotivo, ma in realtà è una risposta a una crescente pressione interna.
La repressione delle emozioni può influire negativamente anche sul rendimento scolastico. Alcuni bambini non riescono a concentrarsi sui compiti o sulle attività quotidiane perché sono sopraffatti dalle emozioni non elaborate, che occupano troppo spazio nella loro mente.
La consapevolezza emotiva nei bambini
Durante la terapia, molti bambini che reprimono le loro emozioni esprimono inconsciamente il bisogno di esplodere, come se fossero una bomba a orologeria pronta a deflagrare. Questo tema ricorre spesso nei loro giochi, ad esempio quando riempiono la vasca della sabbia fino all’orlo o mettono in scena esplosioni. Questo comportamento non è un capriccio, ma una comunicazione essenziale del loro mondo interno, una richiesta di aiuto per elaborare ciò che provano.
Perché alcuni bambini non esprimono le emozioni?
Alcuni bambini hanno paura che, se lasciano andare le emozioni trattenute troppo a lungo, queste possano trasformarsi in qualcosa di “cattivo” o pericoloso, come rabbia trasformata in odio. Spesso temono che esprimere le emozioni possa provocare disastri o danneggiare le persone a cui tengono. Questo timore li convince a continuare a reprimersi, alimentando una spirale di autocontenimento.
L’importanza di un genitore emotivamente consapevole
Un genitore emotivamente consapevole può aiutare un bambino a esprimere le sue emozioni dolorose e difficili. Tuttavia, se il genitore non è disponibile emotivamente, il bambino si abitua a vivere privatamente il suo mondo interiore. Genitori che rispondono con indifferenza o impazienza alle emozioni dei figli inviano il messaggio che solo le emozioni positive sono accettabili. Questo crea un ambiente in cui il bambino evita di esprimere i propri stati d’animo, temendo il rifiuto o l’incomprensione.
A che età si inizia a esprimere le emozioni?
Come dimostrato dagli studi di Mary Ainsworth nel 1978 con il paradigma della “Strange Situation”, che valuta gli stili di attaccamento, già a un anno i bambini mostrano differenze nell’espressione delle emozioni in base al loro stile di attaccamento. I bambini con attaccamento sicuro piangono quando la madre si allontana e cercano conforto al suo ritorno, dimostrando fiducia nel fatto che le loro emozioni saranno comprese. Al contrario, i bambini con attaccamento evitante non esprimono le loro emozioni, pur mostrando una forte attivazione fisiologica.
Quando le emozioni del genitore occupano tutto lo spazio
Alcuni genitori, sopraffatti dalle proprie emozioni, non riescono a essere presenti emotivamente per i figli. Un bambino con una madre ansiosa o depressa impara presto a contenere le proprie emozioni per non aggiungere peso alla situazione già difficile. I bambini che crescono in queste condizioni spesso si sentono invisibili, privi di uno spazio sicuro per esprimere i propri sentimenti e spesso presentano anche una sintomatologia ben specifica.
Repressione delle emozioni e le nevrosi dei genitori
Di fronte a genitori emotivamente instabili o indifferenti, i bambini imparano a reprimere le loro emozioni. Una madre arrabbiata o ansiosa, per esempio, può far credere al bambino che le sue emozioni siano pericolose o inopportune. Questo porta il bambino a cercare di essere sempre buono e di evitare di mostrare le proprie emozioni, alimentando il ciclo di repressione.
Bambini che reprimono le emozioni per proteggere il genitore
Alcuni bambini decidono di reprimere le loro emozioni per proteggere un genitore fragile. Pensano che le loro emozioni possano ferire la madre o il padre, e quindi scelgono di auto-contenersi. Questa inversione di ruoli porta il bambino a prendersi cura emotivamente del genitore, quando dovrebbe essere il contrario.
Le emozioni nei disturbi del comportamento
I disturbi del comportamento nei bambini possono manifestarsi in due forme principali: disturbi internalizzanti ed esternalizzanti. I disturbi internalizzanti includono ansia, depressione, autolesionismo, ritiro sociale e somatizzazioni, dove il bambino rivolge la propria sofferenza verso l’interno, apparendo spesso timido, silenzioso o addirittura apatico. Questi bambini tendono a reprimere le proprie emozioni e a non condividerle con gli altri, il che aggrava ulteriormente il loro disagio. I disturbi esternalizzanti, invece, comprendono comportamenti come l’aggressività, l’iperattività, la disobbedienza e le esplosioni di rabbia. In questo caso, le emozioni non vengono contenute, ma espresse in modo disfunzionale attraverso comportamenti dirompenti. In entrambi i casi, la mancata espressione sana delle emozioni è alla base di questi disturbi. Un percorso terapeutico mirato può aiutare il bambino a identificare e gestire le proprie emozioni, favorendo una comunicazione emotiva più equilibrata e riducendo i comportamenti problematici.
L’importanza di esprimere le emozioni nei traumi
Quando un bambino subisce un trauma, che può derivare da esperienze come lutti, separazioni, abusi o disastri naturali, l’incapacità di elaborare le proprie emozioni può avere conseguenze devastanti. Il trauma non elaborato spesso si traduce in sintomi somatici, ansia cronica, dissociazione o comportamenti disfunzionali come il ritiro sociale o l’aggressività. L’importanza di esprimere le emozioni in queste circostanze è fondamentale: i bambini che riescono a dare un nome alle loro emozioni e a comunicarle, sia attraverso il gioco, sia in terapia, hanno maggiori probabilità di superare il trauma e di sviluppare un senso di resilienza. Un supporto emotivo adeguato da parte di un terapeuta specializzato in traumi può guidare il bambino nel processo di elaborazione, permettendogli di trasformare le esperienze dolorose in una parte gestibile della propria vita, piuttosto che un peso insopportabile.
L’importanza di aiutare i bambini a elaborare le emozioni
I bambini che reprimono le emozioni accumulano tensione emotiva nel tempo, che, come descritto precedentemente, può trasformarsi in sintomi fisici o comportamenti disfunzionali. È fondamentale che i bambini imparino a riconoscere e a gestire le proprie emozioni, piuttosto che reprimerle. Un genitore o un terapeuta può svolgere un ruolo essenziale nell’aiutare il bambino a esplorare il suo mondo interiore, permettendogli di elaborare e affrontare con successo le emozioni difficili.
Quando rivolgersi ad un terapeuta esperto in traumi e disturbi del comportamento
Affidarsi a un terapeuta esperto è essenziale per aiutare i bambini a elaborare traumi o disturbi comportamentali che possono derivare da esperienze di vita difficili, come lutti, separazioni, elevata conflittualità tra i genitori o violenza domestica. L’intervento tempestivo di un professionista può prevenire che le emozioni represse diventino una fonte di sofferenza a lungo termine, offrendo al bambino l’opportunità di crescere in modo sano ed equilibrato.
Articolo curato da:
Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica
Bibliografia
- Ainsworth, M. D. S. (1978). Patterns of attachment: A psychological study of the strange situation. Lawrence Erlbaum.
- Winnicott, D. W. (1965). The maturational processes and the facilitating environment. The Hogarth Press and the Institute of Psychoanalysis.
- Sunderland, M. (2005). Aiutare i bambini… a esprimere le emozioni. Attività psicoeducative con il supporto di una favola. Edizioni Erickson.