Psicoterapia familiare

Le problematiche relative ai figli per le quali le famiglie  mi contattano sono di varia tipologia: difficoltà di alimentazione e di ritmo sonno/veglia nei più piccoli; fobia scolare, tic, comportamento inadeguato, disturbi di apprendimento, iperattività, disturbi del sonno, problemi di alimentazione, ansia da separazione nei più grandi.

Sappiamo che i bambini sono spesso tenuti lontani dalla stanza della terapia familiare, sia perché i genitori confidano di tenerli al riparo da tematiche relazionali complesse, sia perché lavorare in loro presenza può risultare difficile per i terapeuti.

È inoltre frequente che, a poche sedute con tutta la famiglia, seguano poi sequele di incontri con la coppia, per poter parlare tra adulti, per poter meglio affrontare le difficoltà genitoriali, per confrontarsi su un mondo visto con gli occhi dei grandi, ritenendo che quello sia il mondo “vero”, illudendoci anzi che ci sia solo quello, dimenticando così che esiste un altro sguardo, spesso ben più competente e attento.

Certo non è semplice rapportarsi con i bambini in seduta, è faticoso coinvolgerli, renderli partecipi; i bambini talvolta si oppongono, mettono a soqquadro la stanza, interrompono, non ci seguono, altre volte non rispondono in modo pertinente alle nostre domande seppur formulate con grande abilità. Dopo un’ora di lavoro alcuni terapeuti si sentono esausti, temono di aver fatto brutta figura con i genitori (ma come, neanche i terapeuti riescono a far star buoni i bambini?) ed è forse anche per questo che è frequente che i figli siano così spesso lasciati a casa.

Non è una critica al lavoro altrui, bensì la consapevolezza di un vissuto personale che riguarda alcuni anni di lavoro sprecati a pensare che debba essere l’esperto a modificare i comportamenti dei bambini, che debba essere il consulente a trovare la via maestra da suggerire alle mamme e ai papà sprovveduti.

Da tempo ormai questa visione egocentrica è stata superata, il bambino in seduta è diventato una risorsa irrinunciabile; egli è un perito delle relazioni di coppia, con le sue opposizioni silenti o manifeste, con il caos che genera, con i commenti inattesi mentre sembra in altre faccende affaccendato, con il suo linguaggio accessibile a tutti, con il suo non verbale eloquente, è lui che apre al terapeuta le porte della famiglia, è lui che svela segreti, esprime desideri inconfessati, decifra con destrezza la mente degli adulti, rimanendo a tal punto intrappolato nella ragnatela dei legami da dover, in qualche modo, gridare aiuto.

Il suo è un grido ora esplicito ora soffocato, che si esprime con segnali di disagio o con veri e propri sintomi; la sua implicita richiesta di aiuto non è mai solo per se stesso, egli è il portavoce di altri membri della famiglia e, spesso, ne rappresenta il contenitore di emozioni tacite e trattenute.

Il lavoro con la famiglia con bambini richiede l’uso del gioco in seduta o, comunque, proposte di attività che abbiano sapore ludico; ecco allora che cerco di avere in mente un bagaglio di idee, che magari non sempre si può mettere in pratica, ma che sono molto utili per farci sentire più sicuri in quelle situazioni particolarmente difficili.

La stanza in cui si svolgono le sedute contiene materiali ludici e grafico–pittorici; questi materiali sono ben organizzati, in modo da permettere una facile visibilità e ricerca da parte del bambino.

Il materiale non è alla rinfusa, ma ben ordinato, suddiviso per tipologie; la stanza non è affollata di cose e i bambini possono esplorarla con facilità, avvistarne gli oggetti, intravedere modalità di utilizzo di questi ultimi, immaginare i possibili scenari di gioco.

Spesso i bambini sono spontaneamente incuriositi dal materiale a disposizione e, solo in alcuni casi, è necessario l’invito a giocare. La sabbia, i personaggi delle fiabe conosciute dalla maggior parte di essi, altri materiali per il gioco simbolico–imitativo (oggetti di cucina, oggetti di arredamento, personaggi della famiglia, casette, castello, automobiline, elementi della natura, ecc.) sono particolarmente invitanti e permettono ai bambini di costruire scenari, di creare il loro gioco, di mettere in scena situazioni, emozioni, fantasie.

COME SI SVOLGE IL PERCORSO TERAPEUTICO E I SUOI FINI

La terapia familiare con i bambini usa mezzi di espressione da questi prediletti ( gioco, disegno, fiaba) al duplice scopo di entrare in una relazione proficua con loro e nel contempo osservare e lavorare terapeuticamente.

Ciò richiede al terapeuta familiare, che si occupa dei disagi in età evolutiva, una propensione ad entrare in relazione con i bambini,  oltre che una solida preparazione ed esperienza.

In terapia familiare il terapeuta lavora con bambino e genitori  allo scopo di  risolvere le difficoltà in atto e aiutare  a far emergere ogni loro potenzialità atta a ristabilire armonia e benessere personale e familiare. Può anche valutare  di lavorare solo con la coppia genitoriale.

In ogni caso il lavoro terapeutico è finalizzato ad affrontare in modo efficace le manifestazioni di disagio del bambino nonché ogni altra difficoltà che permea l’ambiente familiare, in vista della loro risoluzione.

In particolare i genitori spesso non sanno né da cosa possa dipendere il malessere del proprio figlio o/e il suo comportamento disturbato, né come comportarsi per poter gestire e risolvere la situazione.

Dunque un percorso di tipo sistemico-relazionale, si rivela particolarmente elettivo poiché oltretutto volto ad individuare ciò che sostiene e amplifica  le difficoltà del bambino nei suoi contesti di appartenenza (famiglia, scuola, contesto sociale) e a lavorare insieme ai genitori in vista della sua risoluzione, anche fornendo loro le strategie più opportune  per affrontare e gestire i disagi in atto.

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