Quando il mondo virtuale diventa una fuga: l’ipercompensazione e il rischio di isolamento nei bambini e negli adolescenti

Dalla Dissociazione all’Ipercompensazione

In un articolo precedente (Stordimento emotivo e dissociazione: i rischi dell’esposizione prolungata alla tecnologia nei bambini e negli adolescenti), abbiamo esplorato i rischi di dissociazione e stordimento emotivo per bambini e adolescenti e come la tecnologia possa allontanarli dalla propria realtà emotiva. Un fenomeno strettamente correlato a questo è l’ipercompensazione attraverso i mondi virtuali, che molti adolescenti utilizzano per sfuggire a difficoltà legate a bassa autostima e un senso di mancanza di competenze nella vita reale. Attraverso piattaforme che offrono mondi paralleli, come giochi di ruolo online e piattaforme di social media, i giovani possono crearsi un’immagine idealizzata, compensando così le mancanze che percepiscono nella vita reale. Tuttavia, questa costruzione di un sé “gonfiato” e irrealistico può avere gravi conseguenze, portando a un ulteriore isolamento dalla realtà e minando la loro capacità di sviluppare una vera autostima.

I Mondi Virtuali come Spazi di Ipercompensazione

I mondi virtuali e le piattaforme di gioco online permettono agli adolescenti di costruire una versione idealizzata di sé stessi, dove possono apparire competenti, rispettati e apprezzati. Spesso, gli adolescenti che sperimentano insicurezze e difficoltà nel contesto scolastico, sociale o familiare cercano in queste piattaforme uno spazio in cui ottenere quella gratificazione che manca loro nella vita reale (Gentile et al., 2012). In questi mondi, gli adolescenti possono interpretare ruoli eroici, avere successo in compiti complessi e ottenere riconoscimento dagli altri giocatori, compensando così le loro insicurezze.

Questa ipercompensazione è simile a una bolla che può sembrare sicura e appagante, ma che manca di un vero fondamento nella realtà. Gli adolescenti che si affidano esclusivamente a questi mondi virtuali rischiano di sviluppare un senso di autostima “gonfiato”, che non si basa su abilità e competenze concrete ma su una realtà virtuale priva di sfide autentiche. Con il tempo, questa “bolla” può scoppiare quando il giovane si trova a confrontarsi con il mondo reale, trovandosi impreparato e sentendosi inadeguato.

Il Fascino del Sé Idealizzato: Quando la Finzione Sostituisce la Realtà

In un mondo virtuale, gli adolescenti hanno la possibilità di costruire un’immagine ideale di sé stessi, che risponde ai propri desideri e aspirazioni. A differenza della vita reale, dove l’autostima si sviluppa gradualmente attraverso esperienze concrete e interazioni complesse, i mondi digitali permettono di “saltare” le sfide e ottenere gratificazione immediata. Questo sé idealizzato diventa una sorta di “pallone gonfiato”, una maschera che copre le insicurezze ma che, alla lunga, può distanziare sempre più l’adolescente dalla sua vera identità e dai suoi reali bisogni (Twenge, 2017).

La costruzione di questo sé fittizio può portare a una visione distorta delle proprie abilità e del proprio valore. Quando il giovane si trova in situazioni reali che non rispecchiano l’immagine idealizzata che ha di sé, può sperimentare frustrazione, rabbia e sensazione di inadeguatezza. Questo meccanismo rischia di trasformarsi in un circolo vizioso: il giovane si rifugia ancora di più nel mondo virtuale, abbandonando progressivamente le relazioni e le sfide della vita reale.

I Pericoli dell’Ipercompensazione: Autostima Fragile e Isolamento

L’ipercompensazione digitale rischia di creare un’autostima fragile e di favorire l’isolamento sociale. Questo fenomeno si verifica quando il giovane investe talmente tanto nel mondo virtuale che le relazioni e le esperienze reali perdono significato. Sentendosi apprezzato e competente solo nel contesto virtuale, l’adolescente può sviluppare una dipendenza emotiva da questi mondi paralleli, che diventano la sua unica fonte di gratificazione e autostima (Anderson & Dill, 2000). Con il tempo, il giovane si distanzia sempre più dalla realtà e sviluppa difficoltà ad affrontare situazioni quotidiane e relazionali.

L’autostima costruita su basi fragili e fittizie tende a crollare facilmente di fronte alle difficoltà della vita reale. Questo può portare a un senso di inadeguatezza cronico, ansia sociale e sintomi depressivi. Il  bambino o l’adolescente, privato delle opportunità per sviluppare competenze e autostima concrete, rischia di sentirsi sempre più solo e incompleto, rinforzando così il bisogno di rifugiarsi nella realtà virtuale.

L’Allattamento Digitale e la Creazione di Dipendenze Emotive

Le difficoltà nell’affrontare la realtà spesso iniziano sin dalla prima infanzia, quando i genitori, in buona fede, utilizzano dispositivi digitali per calmare o intrattenere il bambino. Questo fenomeno, noto come “allattamento digitale”, limita lo sviluppo dell’autonomia emotiva e impedisce al bambino di imparare a gestire le proprie emozioni (Radesky et al., 2014). L’uso precoce dei dispositivi digitali come sostituto del conforto emotivo può portare il bambino a sviluppare una dipendenza emotiva dalla tecnologia, che si manifesta poi in età adolescenziale come ricerca compulsiva di gratificazione e compensazione nel mondo virtuale.

L’allattamento digitale, oltre a ridurre il contatto emotivo diretto tra genitore e figlio, insegna al bambino a ricorrere alla tecnologia come risposta automatica a situazioni di disagio o noia. Con il tempo, questo comportamento si può trasformare in una strategia di evitamento, portando l’adolescente a evitare i propri stati d’animo e a cercare rifugio in una realtà parallela.

Suggerimenti per i Genitori: Riconoscere i Segnali di Ipercompensazione e Dissociazione

Per prevenire che i figli si rifugino in mondi virtuali e sviluppino un’autostima fittizia, i genitori possono osservare alcuni segnali e intervenire prontamente. Tra i campanelli d’allarme ci sono il crescente isolamento sociale, il disinteresse verso attività e hobby reali e la dipendenza emotiva dalla tecnologia. Se un adolescente si mostra eccessivamente coinvolto in piattaforme virtuali e sembra trovare soddisfazione e riconoscimento solo in quel contesto, è importante avviare un dialogo aperto con lui (O’Keeffe & Clarke-Pearson, 2011).

I genitori possono aiutare i figli a riequilibrare l’uso della tecnologia coinvolgendoli in attività concrete, che permettano loro di sviluppare competenze reali e di sperimentare successi autentici. È importante anche promuovere un ambiente familiare in cui le emozioni possano essere espresse liberamente e incoraggiare il figlio a condividere le proprie difficoltà. Offrire supporto emotivo e far capire che il valore personale non dipende dai successi nel mondo virtuale è fondamentale per aiutare il giovane a costruire un’autostima solida.

Quando Rivolgersi a uno Psicoterapeuta

Se l’adolescente mostra segnali persistenti di ipercompensazione e isolamento attraverso l’uso della tecnologia, potrebbe essere utile rivolgersi a uno psicoterapeuta specializzato in disturbi del comportamento e dipendenze digitali. Lo psicoterapeuta può aiutare il giovane a comprendere il proprio comportamento, a entrare in contatto con le proprie emozioni reali e a sviluppare abilità di autogestione emotiva. Inoltre, il terapeuta lavora con la famiglia per promuovere una rieducazione digitale, fornendo ai genitori strategie per supportare il figlio in modo efficace (Twenge, 2017).

Il supporto psicoterapeutico può fare la differenza per i bambini e gli adolescenti che utilizzano la tecnologia come fuga dalla realtà, permettendo loro di sviluppare una consapevolezza più profonda di sé stessi e delle proprie emozioni, favorendo una crescita equilibrata e autentica.

Articolo a cura del: 
Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica

Bibliografia:

  • Anderson, C. A., & Dill, K. E. (2000). Video games and aggressive thoughts, feelings, and behavior in the laboratory and life. Journal of Personality and Social Psychology, 78(4), 772–790.
  • Gentile, D. A., Swing, E. L., Lim, C. G., & Khoo, A. (2012). Video game playing, attention problems, and impulsiveness: Evidence of bidirectional causality. Psychology of Popular Media Culture, 1(1), 62.
  • Greenfield, P. M. (2014). Mind and media: The effects of television, video games, and computers. Harvard University Press.
  • O’Keeffe, G. S., & Clarke-Pearson, K. (2011). The impact of social media on children, adolescents, and families.Pediatrics, 127(4), 800-804.
  • Radesky, J. S., Schumacher, J., & Zuckerman, B. (2014). Mobile and interactive media use by young children: The good, the bad, and the unknown. Pediatrics, 135(1), 1-3.
  • Twenge, J. M. (2017). iGen: Why today’s super-connected kids are growing up less rebellious, more tolerant, less happy—and completely unprepared for adulthood. Atria Books.

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