Trauma e infanzia

Cos’è un trauma?

Il trauma infantile si riferisce ad un’esperienza di orrore, paura o dolore opprimente accompagnata da un senso di impotenza. Esempi tipici sono gli incidenti automobilistici, le violenze sessuali o fisiche, gli incidenti domestici e l’aver assistito a un episodio di violenza. Tali eventi  estremi determinano per lo più nel bambino un disturbo da stress post traumatico (PTSD), anche se le conseguenze possibili sono molteplici. 

Tuttavia, i bambini possono essere esposti anche a molti altri eventi turbanti. Tra questi fattori è possibile annoverare la morte di una familiare, la separazione dei genitori, una grave malattia, uno spostamento geografico (ad es. il trasloco), e molte altre difficoltà. A questo tipo di eventi il bambino reagisce con una risposta sintomatica, che, quando viene riconosciuta, viene considerata secondo la definizione tradizionale di disturbo dell’adattamento. I risultati della ricerca sui disturbi adattivi dell’infanzia, sembrano suggerire che in molti casi si tratta di un termine improprio. Le sintomatologie riscontrate dopo diversi tipi di eventi, come la separazione dei genitori, fanno pensare piuttosto ad una reazione di tipo post traumatico. Come nel caso del PTSD, anche i sintomi del disturbo del cosiddetto disturbo adattivo spesso non si risolvono nel periodo specificato di 6 mesi, ma possono persistere indefinitamente. Un’altra somiglianza consiste nel fatto che anche quando diminuiscono i sintomi acuti, spesso il danno interno rimane. 

Per quanto riguarda i bambini esiste una differenza molto piccola tra un’esperienza traumatica inaspettata e un’esperienza di perdita importante inevitabile, ma prevista. In un’esperienza di perdita generalmente non si ha un maggior risveglio del sintomo, tuttavia può essere sperimentata la stessa paura schiacciante e lo stesso senso di impotenza vissuti nell’esperienza traumatica.

Inoltre, molti bambini sviluppano reazioni analoghe in presenza di eventi meno disturbanti, ma cronici, come ad esempio alcune forme di maltrattamento verbale o di frustrazione scolastica che si ripetono nel tempo. Dunque le risposte post traumatiche possono derivare da molti tipi di eventi. Il lavoro del terapeuta formato in EMDR si concentra principalmente non tanto sul valutare la gravità del trauma in base ad alcuni criteri oggettivi, ma quanto sul verificare come quel trauma influisce oggi sul bambino.

I traumi possono essere intesi come esperienze di vita potenzialmente disturbanti che il soggetto non è stato ancora capace di integrare nella sua narrativa personale..

La vulnerabilità al trauma

Gravità dell’esposizione – La ricerca ha oramai ampiamente riconosciuto che  tutti i bambini esposti ad eventi traumatici estremi (incidenti, stupro, esposizione a violenza e disastri naturali), se non vengono trattati, manifestano reazioni post traumatiche per più di un anno e forse per un periodo di tempo indefinito. La vulnerabilità viene accresciuta dalla gravità dell’esposizione. I fenomeni delle complicazioni post traumatiche come l’ospedalizzazione o la separazione dei genitori possono estendere l’esposizione al trauma, costituendo una traumatizzazione continuativa. Anche altre esperienze sempre collegate ad episodi di disagio possono funzionare in modo simile. 

La gravità dell’esposizione ad un evento traumatico è mediata dalla percezione, dal significato personale dell’evento e dalla reattività emotiva. Tale mediazione riflette sia il livello evolutivo del bambino, sia la presenza di una precedente traumatizzazione o patologia psichica, fattori che, a quanto è stato rilevato, sarebbero anche predisponenti.

Il livello evolutivo – I bambini, in generale possono essere particolarmente vulnerabili, in quanto sono più indifesi e soggetti a spaventarsi degli adulti e non hanno ancora sviluppato quelle forze fisiche, conoscenze o posizione sociale, risorse emotive e capacità di interpretare le situazioni di cui gli adulti in genere dispongono. Sebbene la fase evolutiva del bambino di per sé non lo rende più vulnerabile alla traumatizzazione, c’è da sottolineare che il livello di sviluppo del bambino può influire sulla natura dell’esperienza traumatica, in quanto il modo in cui egli cercherà di affrontarla risentirà delle problematiche, delle capacità e degli influssi che caratterizzano la fase evolutiva in cui si trova. Ad esempio fattori come la capacità di regolare l’affettività e di ottenere il sostegno emotivo al di fuori della famiglia giocano un ruolo importante. Il livello di sviluppo può anche influire in parte sul modo in cui un’esperienza viene compresa, ma non per questo l’esperienza non viene rilevata. Perfino subito dopo la nascita o addirittura nel grembo materno, le esperienze traumatiche (guerra, terremoti, violenze, ecc.) possono avere un seguito anche a lungo termine sul bambino, con esiti quali la comparsa di disturbi psichiatrici, vulnerabilità alla dipendenza da sostanze (droghe o alcolici), e altri problemi di salute.

Gli stili della personalità – Le personalità più inclini all’evitamento, alla negazione e a collocare il controllo di sé all’esterno, rispetto a quelle che affrontano attivamente le esperienze e le integrano, sono anche più vulnerabili. Questa predisposizione può abbassare la soglia in cui un evento disturbante, anziché essere efficacemente elaborato, viene a costituire un trauma. Insieme alla gravità dell’esposizione, anche la dissociazione peritraumatica (durante e dopo l’evento) viene oggi considerata uno dei più idonei indicatori dei successivi problemi di stress post traumatico.

Indubbiamente il temperamento individuale contribuisce in parte a questa tendenza, ma su di essa incide anche il modello di interazioni genitore bambino che si caratterizza nel primo sviluppo e attraverso il quale il bambino apprende il grado di tollerabilità delle emozioni dolorose, oltre il quale esse vanno temute ed evitate. Ecco perché uno stile elaborativo evitante può già rappresentare una sorta di reazione posto traumatica cronica di grado ridotto. Similmente, anche l’esistenza di precedenti esperienze traumatiche distinte rende il bambino più vulnerabile alle reazioni post traumatiche.

Fattori ambientali – Anche l’ambiente sociale che circonda il bambino dopo un evento critico può influire su di lui, sostenendone o limitandone l’espressione dei sentimenti e l’integrazione del ricordo traumatico. La natura dei rapporti familiari spesso riveste particolare importanza. Quando uno o entrambi i genitori vanno in pezzi o quando lanciano al figlio il messaggio di non essere in grado di tollerare l’esposizione al ricordo traumatico (messaggio che può essere espresso in forma di superprotezione, evitamento o negazione), ciò può confermare o rinforzare la reazione post traumatica difensiva del bambino. Per di più il bambino può arrivare ad assumere il ruolo emotivo del genitore dei propri genitori: conseguenze di ciò sono la perdita della sensazione di sentirsi accudito, una minore possibilità di elaborazione e un aumento dei disturbi.

Sono molti gli approcci terapeutici e i modelli teorici per lavorare con i traumi, uno tra quelli più accreditati anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)  è l’approccio EMDR che permette al ricordo traumatico di essere rielaborato. Questo tipo di approccio può essere arricchito dal background del terapeuta che se ne è capace può integrarlo all’interno del proprio repertorio. Personalmente, ormai da molti anni,  ho deciso di utilizzare un approccio integrato, attraverso un efficace protocollo di intervento che unisce la terapia EMDR ai principi base della Play Therapy e della terapia sistemico-relazionale, alternando la terapia individuale con il bambino, incontri con il bambino e i genitori e momenti di sostegno e di condivisione con i genitori. Per maggiori informazioni potete scrivermi o telefonarmi tramite l’area contatti. 

Articolo a cura del: 
Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica

Bibliografia: 

R. Greenwald, “L’EMDR con bambini e adolescenti”, Astrolabio editore, Roma, 2000. 

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