L’importanza del temperamento nei bambini

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Quando si parla di temperamento si può parlare di tre livelli di descrizione. 

Il primo livello è dato dai comportamenti osservabili che si presentano in modo regolare e coerente e che differenziano gli individui tra di loro. I bambini possono essere molti differenti l’uno dall’altro nelle modalità di esternalizzazione delle emozioni: vi sono bambini che frequentemente sono di cattivo umore e sono difficilmente consolabili fin dal primo anno di vita; altri che, al contrario, sono solari e sorridenti, nonostante le piccole e grandi avversità della vita. È stato più volte dimostrato che il comportamento osservabile è fortemente influenzato dall’ambiente di vita del bambino. La famiglia, lo stile genitoriale, il tipo di sistema scolastico, la cultura e il contesto generale in cui i bambini vivono modellano l’espressione originaria del temperamento individuale e tendono a far si che l’adulto esibisca soprattutto tratti temperamenti accettati nel suo ambiente sociale: tanto per fare un esempio la tipica espressività di intensità emotiva mediterranea è vista con un certo timore (misto alla fascinazione) dalle culture del Nord Europa che premiano maggiormente il comportamento inibito e prudente. In Italia le persone timide e inibite hanno maggiori difficoltà a relazionarsi nell’ambiente culturale che non in altri Paesi, come dimostra la ricerca crossculturale. 

Il secondo livello di descrizione è dato dalle differenze neurologiche, e in particolare dalle asimmetrie funzionali del cervello (specializzazione emisferica), dai livelli dei neurotrasmettitori e dai livelli ormonali che sono collegati, per esempio all’attività emotiva allo stress ecc. In questo livello il temperamento umano si colloca a cavallo tra psicologia e medicina e può avere importanti ripercussioni pratiche sulla nostra conoscenza dell’azione e dell’uso dei farmaci.

Il terzo livello è dato dei fattori costituzionali che possono essere divisi in fattori genetici veri e propri e in fattori prenatali e perinatali, come ad esempio l’assunzione di droghe o farmaci in gravidanza, peso molto basso alla nascita, ecc. Lo studio dei fattori genetici viene solitamente compiuto attraverso l’analisi delle somiglianze e delle differenze tra individui che condividono in tutto (gemelli monozigoti) o in parte (gemelli dizigoti) il patrimonio genetico. Lo studio dei fattori prenatali e perinatali ha messo in luce che le esperienze che agiscono sullo sviluppo del cervello del feto possono avere un profondo effetto su aspetti del temperamento come la reattività agli stimoli, l’irritabilità, ecc., anche in totale assenza di danni cognitivi. 

Bates (1989) ha dato la seguente definizione di temperamento:

“la definizione più generale è che il temperamento è dato dalle differenze individuali nelle tendenze comportamentali che affondano le loro radici nella biologia, che sono presenti all’inizio della vita e che sono relativamente stabili sia in situazioni che in tempi diversi”

Le tre grandi aree della personalità umana in cui si manifestano queste caratteristiche sono: le emozioni, l’attenzione e l’attività motoria.

Per quanto riguarda le emozioni è possibile avere una predominanza di emozioni positive o negative. Le differenze individuali che riguardano la prevalenza delle une o delle altre sono riconducibili proprio al temperamento. Ad esempio la ricerca sulla resilienza, ovvero la capacità di riuscire a resistere alle avversità della vita, mostra un collegamento molto forte con gli aspetti temperamentali, e purtroppo lo stesso vale anche per il suo opposto, ovvero la vulnerabilità. Un aspetto molto importante, dal quale in passato è dipesa la sopravvivenza individuale è  la risposta emotiva alla novità. Esistono, infatti, individui altamente reattivi e individui blandamente reattivi. Entrambi questi atteggiamenti sono molto utili alla sopravvivenza del gruppo: gli individui altamente reattivi di solito provano emozioni intense di fronte alle novità; gli individui più blandamente reattivi provano emozioni soggettivamente meno intense di fronte ai nuovi stimoli e inoltre il loro organismo si altera molto meno (battiti cardiaci, respirazione, ormoni dello stress, ecc.). È probabile che questo tipo di individui, meno disturbati fisicamente e psichicamente dal nuovo, inneschino processi di avvicinamento e di scoperta in cui la curiosità prende il posto della paura. Il modo in cui viene regolata la risposta alle novità, prende il nome di autoregolazione temperamentale. 

L’inibizione di fronte alle novità, per esempio, serve a regolare la paura ed è già ben stabilizzata intorno ai 14 mesi di vita negli individui fortemente reattivi. Alcuni individui manifestano comportamenti impulsivi poiché non hanno sviluppato modi ad adattivi e culturalmente accettabili di regolare la reattività alle novità. È stato dimostrato che l’inibizione verso oggetti o compiti nuovi non si accompagna necessariamente all’inibizione di fronte a persone nuove e viceversa. È stato scientificamente provato che le tendenze emotive primarie del temperamento hanno una forte influenza nello sviluppo dei pattern di attaccamento che rendono le persone fondamentalmente sicure o insicure nella vita. 

Le risposte emotive agli stati fisiologici interni, come dolore, stress fisico o mentale, o anche fame o sonno, fanno parte del temperamento. 

Per quanto riguarda l’attenzione, la ricerca sperimentale negli anni Ottanta e Novanta ha messo in luce al di là di ogni dubbio che fin dai primi mesi di vita gli esseri umani possono essere classificati in long-lookers e short-lookers. I primi hanno bisogno di tempi più lunghi per codificare uno stimolo come nuovo o come conosciuto, per questa ragione prestano attenzione più a lungo. I secondi sono più rapidi e possono permettersi di guardare gli stimoli per un tempo inferiore. Queste differenti capacità nell’elaborazione dell’informazione potrebbero tradire anche il maggiore o minore sviluppo di successive abilità. Alcune condizioni come la nascita prematura possono favorire una maggiore incidenza di long-looker. Questi aspetti potrebbero avere un impatto sul piano comportamentale, infatti, è probabile che i bambini – e gli adulti – che sono in grado di spostare rapidamente l’attenzione dagli stati emotivi interni al mondo esterno risultino più facilmente consolabili e regolino più facilmente e più velocemente le loro esperienze emotive negative. Esistono persone che usano l’attenzione per monitorare con cura quello che sta succedendo, così come fanno per esempio i timidi che guardano sempre con molta attenzione le persone nuove e che in un primo tempo osservano attentamente da una posizione riparata le situazioni sociali in cui si incontrano molti sconosciuti. 

L’altra strategia per regolare  l’attenzione è la distrazione. Eliminare le situazioni emotivamente problematiche dal fuoco dell’attenzione e in tal modo dalla coscienza. Si è visto che le persone che preferiscono distrarsi dai problemi, e orientare l’attenzione altrove, sono molto meno in ansia di fronte alle loro malattie gravi (disturbi cardiaci, tumori), ma muoiono più frequentemente perché non si sottopongono ai controlli e/o alle terapie appropriate. Dunque orientare l’attenzione su ciò che ci provoca ansia può essere alla lunga più salutare. 

Le differenze individuali nel mantenimento del fuoco dell’attenzione sono molto interessanti. La capacità di mantenere a lungo il fuoco dell’attenzione su quanto si sta facendo è una capacità fortemente adattiva, soprattutto nel nostro contesto culturale. I bambini e gli adulti persistenti sono fortemente premiati, a scuola e nel lavoro. I bambini e gli adulti facilmente distraibili e poco persistenti vanno spesso incontro a frustrazioni e distrazioni. 

Per quanto riguarda l’attività motoria, anche qui sono presenti delle forti differenze individuali. Ci sono individui dotati di maggiore forza e resistenza fisica che si muovono in modo compatto e vigoroso e individui più delicati. Allo stesso tempo esistono individui con una grande necessità di fare movimento fisico e altri che non ne sentono quasi il bisogno. Così come vi sono individui in grado di modulare l’attività fisica e di orientarla ad uno scopo e individui agitati la cui attività motoria tende ad essere frenetica, senza uno scopo preciso ma di pura scarica fisica. Una combinazione di scarsa capacità di modulare l’attività motoria unita ad un’attenzione poco persistente può dare luogo ad un profilo temperamentale molto vicino al disturbo di attenzione con iperattività. Per questo motivo è molto importante saper fare una diagnosi differenziale tra disposizioni temperamentali e patologia vera e propria. 

Occorre ricordare che il giudizio sulla quantità, il vigore è il controllo dell’attività motoria è fortemente influenzato dalla cultura ecologica in cui l’individuo vive. Lo stesso bambino in base all’ambiente in cui vive può essere considerato vivace e allegro (ad esempio se vive in campagna), o considerato un incontenibile terremoto (per esempio se vive in un piccolo appartamento che si affaccia su strade molto trafficate). 

Quindi le emozioni, l‘attenzione e l’attività motoria sono le grandi aree del temperamento. 

Due autori molto importanti che si sono occupati di temperamento sono Thomas e Chess. Questi autori definiscono il temperamento come determinato in base alla bontà di adattamento reciproco fra l’individuo e l’ambiente. Questi autori hanno descritto tre tipi di bambini: facili, difficili e lenti a scaldarsi. I bambini “facili” hanno un temperamento che pone pochi problemi sia ai genitori che agli educatori. Si tratta di bambini socievoli e allegri, molto adattabili, con reazioni non eccessive agli stimoli ambientali (40% dei bambini con questo temperamento). I bambini “difficili” sono quelli che pongono molte sfide educative: irregolari, poco adattabili, paurosi e timidi  di fronte alle novità, spesso mostrano un cattivo umore di notevole intensità (solo il 10% dei bambini presenta un temperamento difficile). Un ulteriore 15% è composto dai bambini “lenti a scaldarsi”. Questi tipi di bambini risultano essere paurosi e timidi, e hanno bisogno di un certo tempo per adattarsi alle novità, ma per il resto godono di buonumore regolarità e reattività moderata. 

Il tipo di temperamento può avere notevoli ripercussioni nella sfera socio relazionale e lavorativa. È possibile eseguire uno screening sul temperamento a partire dei primissimi mesi di vita. È stato dimostrato che esistono differenze neurocomportamentali già nei feti. A partire dall’età gestazionale di 36 settimane è possibile rilevare differenze individuali. La ricerca mostra come i feti attivi notoriamente diventano bambini più difficili, imprevedibili e poco adattabili. Invece, i feti la cui attività cardiaca è più alta diventarono bambini con un tono emotivo e un livello di attività più bassi. Quindi le differenze di attività motoria e reattività autonomica fetale sembrano porre le basi per importanti differenze temperamentali già nella prima infanzia (Snidman, Kagan, Riordan, Shannon, 1995). 

Gli studi sull’adozione mostrano un certo effetto dell’ereditarietà in aspetti che potremmo definire temperamentali, ma questi effetti non sono universalmente riconosciuti. Gli studi longitudinali indicano che le variazioni di personalità dell’infanzia sembrano essere sotto controllo genetico in parte apprezzabile, mentre cambiamenti nell’adolescenza e nell’età adulta sembrano dovuti in maggior parte alle diversità ambientali. Allo stato attuale delle conoscenze, tre dimensioni sembrano piuttosto chiaramente sotto controllo genetico: emozionalità, inibizione di fronte alle novità e livello di attività motoria. A queste va aggiunta la socievolezza che sembra avere qualche componente ereditaria.

Sandra Scarr (1992) sostiene che se il bambino vive in un contesto sufficientemente buono, il suo sviluppo dipenderà molto più dalla sua eredità biologica che dall’ambiente. Ci sono tre modi in cui secondo questa autrice il genotipo dell’individuo influenza l’ambiente. Il primo è di tipo passivo: i genitori forniscono ai loro figli il materiale genetico e anche il tipo di esperienza, per cui geni e ambiente risulteranno correlati. Per esempio, i genitori intelligenti (o attivi) stimolano lo sviluppo dell’intelligenza (o dell’attività motoria) nei loro figli, e così i figli faranno delle esperienze cognitive (o sportive) correlate alle loro caratteristiche ereditate. Il secondo modo con cui l’eredità del bambino influenza l’ambiente è di tipo evocativo. I bambini tendono a suscitare reazioni dettate dalla loro costituzione genetica, rinforzando così aspetti dello sviluppo correlati alle loro caratteristiche. Bambini placidi e tranquilli, per esempio, riceveranno meno attenzione di bambini attivi e sorridenti. In questo modo, la socialità dei primi verrà meno sostenuta e l’originaria tendenza alla socievolezza dei secondi verrà rinforzata. Il terzo modo è di tipo attivo. Gli individui cercano attivamente un ambiente che sia adatto a loro e, a volte, lo creano. 

Thomas e Chess riprendono un’idea darwiniana molto importante. La bontà o il fallimento dell’adattamento non sono relativi all’individuo, ma sono relativi al particolare intreccio tra richieste ambientali e caratteristiche che l’individuo ha per adattarsi a quell’ambiente. 

Il concetto centrale è quello di goodness of fit, che richiama l’idea che individuo e ambiente si possano “incastrare” l’uno nell’altro in modo agevole o disagevole. La sopravvivenza dell’individuo non è legata alla bontà o eccellenza delle caratteristiche individuali, ma al fatto che tali caratteristiche siano particolarmente adatte a quell’ambiente particolare. Secondo Thomas e Chess, il temperamento ha una vera e propria funzione di mediazione tra l’ambiente e la struttura psichica del soggetto. In sostanza, il temperamento non si riferisce tanto a “che cosa” fa un individuo (abilità) e nemmeno a “perché” lo fa (motivazione), ma si riferisce a “come” l’individuo fa le cose.

Prendiamo, per esempio, la situazione in cui ad un bambino viene chiesto dalla madre di andare a prendere una fetta di torta in cucina. Ci sarà il bambino pronto, che scatta veloce, corre in cucina, fa un sacco di rumore e torna di corsa rischiando di far cadere la fetta di torta dal piatto, e ci sarà il bambino che ci penso un po’ su, si avvia lentamente, chiede dove sono le cose e ritorna con fare tranquillo verso la madre. Questi diversi “stili”  rappresentano, secondo Thomas e Chess, il temperamento. 

Ovviamente, questi stili non possono non avere effetti sull’ambiente. Per esempio, se la madre è un tipo placido e tranquillo accetterà di buon grado la lentezza e le titubanze del secondo bambino, ma se è un tipo attivo ed energico si ritroverà spesso esasperata. Al contrario la madre attiva apprezzerà la velocità e la prontezza del primo bambino, mentre la madre placida ne sarà un po’ turbata. Risulta quindi evidente che il temperamento non è né buono né cattivo in sé, ma risulta adattivo o disattivo secondo il grado di accordo (“fit”)  con l’ambiente circostante.

Tali differenze temperamentali possono essere definite e misurate fin dal primo anno di vita. Il temperamento del bambino influenza atteggiamenti e comportamenti della madre e delle altre persone che si prendono cura di lui o di lei; tali comportamenti possono, a loro volta, influire sulle caratteristiche stesse del temperamento. Infine, il temperamento non è immodificabile ma varia nel corso dello sviluppo sia in relazione all’andamento maturativo generale, sia in relazione al particolare ambiente in cui il bambino vive. Quindi il temperamento non è un tratto, o un insieme di tratti stabile e immodificabile, ma può subire cambiamenti a causa di eventi esterni o maturativi in ogni fase della vita (infanzia, adolescenza o età adulta) così come dimostrano le ricerche del New York Longitudinal Study di Thomas e Chess. 

Quindi la difficoltà o la facilità non appartengono all’individuo, ma all’interazione, alla compatibilità (“fit”)  tra quell’individuo è quel particolare ambiente. Piuttosto che parlare di temperamento facile o difficile, sarebbe più opportuno parlare di adattamento facile o difficile, cui contribuiscono diverse caratteristiche temperamentali e diverse caratteristiche ambientali. 

Attraverso lo screening temperamentale è possibile eseguire un’approfondita valutazione, portando l’attenzione sulle caratteristiche problematiche per l’adattamento di quello specifico bambino a quello specifico ambiente. Questo aiuterebbe i genitori a porre una maggiore attenzione a quelle caratteristiche del bambino e a quegli aspetti ambientali che altrimenti resterebbero sconosciuti. Spesso tale mancanza di conoscenza porta gli adulti che attorniano il bambino a fargli richieste eccessive di adattamento rispetto alle sue caratteristiche e potenzialità temperamentali. 

La valutazione tiene in considerazione i diversi contesti in cui agisce il bambino: il bambino con gli altri, il bambino che gioca e il bambino di fronte alle novità oppure per i bambini dai tre anni in avanti, il bambino che svolge un’attività o un compito. Questo tipo di valutazione permette di poter definire quattro profili temperamentali di funzionamento (emotivo, calmo, normale, difficile). 

Alla fine della valutazione sarà cura del clinico dare ai genitori una restituzione, permettendo loro di prendere una maggiore consapevolezza che porti al riconoscimento delle reali caratteristiche temperamentali del bambino, delle sue potenzialità di adattamento e degli sforzi di automodificazione che la famiglia e/o la scuola devono compiere per favorire l’adattamento stesso. 

La valutazione del temperamento può essere eseguita a partire da 1 mese di età fino agli 11 anni, sia in presenza che a distanza. In genere fa parte di una valutazione più ampia attuata durante un percorso di valutazione che tiene conto anche di altri aspetti, ma può anche essere eseguita separatamente come uno strumento di conoscenza che permette al genitore di entrare in contatto con gli aspetti meno conosciuti del proprio bambino. In entrambi i casi (sia che si tratti di un percorso di valutazione più ampio, sia che si tratti della sola valutazione temperamentale) verrà fornita alla famiglia una restituzione che tenga conto degli aspetti emersi. Questo tipo di valutazione è particolarmente indicata per i bambini nati pretermine, bambini che presentano un quadro di funzionamento cognitivo e comportamentale sovrapponibile ad una possibile diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività/Impulsività (ADHD), e in tutti quei bambini dove sono presenti disturbi del comportamento

Per conoscere costi e modalità di accesso al servizio “protocollo di valutazione del temperamento” è possibile contattare il professionista tramite il modulo sottostante o direttamente tramite l’area contatti del sito.

Articolo a cura del: 
Dott. Samuele Russo – Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapeuta EMDR, specialista in Psicologia Pediatrica

Fonti bibliografiche:

  • Kagan J., “La trama della vita. Come geni, cultura, tempo e destino determinano il nostro temperamento”, Bollati Boringhieri Editore, Torino, 2016
  • Axia G., “Questionari italiani del temperamento”, Edizioni Erickson, Trento, 2009. 

 

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